Cambiare cooperazione per lo sviluppo sostenibile, il caso della cooperazione indiana
La pandemia di COVID-19 ha causato una grave battuta d’arresto per lo sviluppo sostenibile, e la guerra Russia-Ucraina ha inferto un ulteriore duro colpo. Nel 2020, per la prima volta dall’adozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), la media globale di obiettivi raggiunti è diminuita, soprattutto a causa dell’aumento della povertà e dei tassi di disoccupazione durante la pandemia. Gli impatti socioeconomici della pandemia sui paesi a basso reddito sono stati molto pesanti a causa della mancanza di finanziamenti e di piani di ripresa economica per rispondere all’emergenza. Anche i paesi ad alto reddito come Finlandia, Svezia e Danimarca, che sono rispettivamente al primo, secondo e terzo posto sull’indice SDG, non sono sulla buona strada.
Nel febbraio 2021 è scoppiata la guerra Russia-Ucraina che ha inferto un duro colpo all’Agenda 2030. La guerra non sta solo portando sofferenza in termini di morti e sfollamenti, ma sta anche sconvolgendo le catene di approvvigionamento globali, che a loro volta provocano perturbazioni economiche. I prezzi di cibo, energia e altri beni essenziali sono aumentati vertiginosamente e il mondo potrebbe dover affrontare la fame di massa, provocata anche da nuove carestie a causa del cambiamento climatico.
Tra le sfide che aggravano le complessità del programma di sviluppo globale, è diventato ampiamente chiaro che nessun paese può raggiungere gli SDG da solo. Il corrente scenario globale richiede una maggiore cooperazione internazionale per lo sviluppo. Gli esperti hanno sottolineato il bisogno di cambiare il vecchio approccio alla cooperazione allo sviluppo introdotto dal presidente degli Stati Uniti (USA) Harry Truman nel 1949 per la ricostruzione e la ripresa dalla Seconda Guerra Mondiale verso un’attuazione più integrata sugli SDG. Come Wu Hongbo, presidente del forum della cooperazione allo sviluppo del 2016 ha affermato: “Non possiamo realizzare il potenziale di trasformazione dell’Agenda 2030 con il vecchio approccio alla cooperazione allo sviluppo. L’Agenda esige nuovi modi di lavorare e un cambio di mentalità di ogni attore della cooperazione allo sviluppo”.
Il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite (UNDESA) ha anche delineato una serie di principi per guidare il riorientamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo degli Stati per raggiungere il successo nell’attuazione degli SDG:
- La cooperazione allo sviluppo dovrebbe sostenere gli sforzi nazionali e concentrarsi in particolare sui gruppi più vulnerabili ed emarginati come le donne.
- Tutte le forme di cooperazione allo sviluppo come il rafforzamento delle capacità, le risorse finanziarie, la collaborazione tecnica e la consulenza politica devono essere aumentate.
- La cooperazione allo sviluppo dovrebbe aiutare a fare leva sul mercato interno delle risorse e sviluppare le capacità locali.
- I partner della cooperazione allo sviluppo devono adottare un approccio olistico per creare politiche coerenti invece di competere.
- Gli enti locali e i cittadini dovrebbero essere coinvolti nel monitoraggio e attuazione degli SDG.
Un rapporto del 2021 dell’Organizzazione per la cooperazione economica e sviluppo (OCSE) elenca i vantaggi dell’utilizzo degli SDG nella cooperazione allo sviluppo, tra cui: maggiore capacità nell’affrontare complesse sfide multidimensionali utilizzando la stessa lingua e dati; costruire i partenariati secondo una medesima agenda; e massimizzare l’impatto e il valore di ciascuno investimento.
Sfortunatamente, però, c’è ancora molta strada da fare prima che il mondo possa sfruttare il potenziale della cooperazione allo sviluppo per l’Agenda 2030 anche se ora dovrebbe iniziare il Decennio di Azione. Lo stesso rapporto dell’OCSE ha rilevato che, negli ultimi anni, i donatori occidentali stanno utilizzando sempre più aiuti allo sviluppo per proteggere la propria sicurezza. Pertanto, paesi in conflitto che si ritiene “minaccino” i paesi donatori attraverso un ampio afflusso di migranti o attacchi terroristici (come Iraq, Somalia e Afghanistan) ricevono il massimo aiuto dai paesi occidentali. Invece, paesi con conflitti “nascosti” come il Ciad, la Papua Nuova Guinea o la Repubblica Centrafricana ricevono un aiuto minimo. Gli Stati Uniti, il più grande donatore del mondo, è un chiaro esempio. Dopo l’11 settembre, gli aiuti degli Stati Uniti sono stati pesantemente reindirizzati per accompagnare le operazioni militari in paesi come l’Afghanistan e l’Iraq. Un simile approccio di aiuti legati a interessi securitari è presente nel Regno Unito, un altro grande donatore. Si può concludere quindi che lo sviluppo a lungo termine rischia di essere minato se la sicurezza a breve termine e le preoccupazioni politiche dei donatori continuano a guidare i programmi di aiuto.
Un modello di sviluppo e cooperazione per l’attuazione degli SDG che dovrebbe essere preso come esempio è invece il modello indiano. Spesso soprannominato un “donatore emergente”, l’India ha un programma di cooperazione allo sviluppo vecchio come la sua storia di paese indipendente. Ha anche costantemente sfidato il discorso sullo sviluppo nel corso dei decenni. Lo sviluppo del dopoguerra era dominato dall’Occidente, che per molti versi era la continuazione delle relazioni coloniali di potere. I principi di anticolonialismo, solidarietà del “terzo mondo” e condivisione dello sviluppo sono sorti in altri paesi in via di sviluppo in Asia e Africa.
Il programma di cooperazione allo sviluppo dell’India si è ampliato enormemente dagli anni 2000 sulla scia di una forte crescita economica, e oggi il suo budget per la cooperazione allo sviluppo è paragonabile a quello di alcuni Paesi OCSE (vedi grafico seguente).
Sono cresciute le attività di cooperazione con i paesi limitrofi e in Africa, i suoi progetti stanno dando un contributo importante al raggiungimento degli SDG. Queste iniziative promuovono i principi di sviluppo e rispetto reciprocamente vantaggiosi.
In effetti, l’ascesa dell’India e di altri donatori del sud ha contribuito a cambiamenti significativi nel paradigma dello sviluppo internazionale. Date le enormi sfide di sviluppo che il mondo ha ora di fronte, l’India deve essere all’altezza delle sfide e svolgere un ruolo più significativo nel raggiungimento degli SDG. Il governo indiano dovrebbe diffondere ulteriori informazioni sulle sue iniziative di sviluppo, condurre valutazioni d’impatto dei propri progetti e integrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile nella sua strategia di cooperazione allo sviluppo.
L’articolo di Martina Corli è una sintesi di Malancha Chakrabarty, Development Cooperation Towards the SDGs: the Indian Model, ORF Occasional Paper n.369, September 2022, Observer Research Foundation.