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Home News "Congo, la maledizione del cobalto"

“Congo, la maledizione del cobalto”

Valentina Citati
13 Agosto 2020
News

Martedì 18  agosto alle 17,00,  l’editoriale di Domani approfondirà il progetto di inchiesta ambientale del giornalista Luca Attanasio insieme a Riccardo Noury di Amnesty International, Cristina Duranti della organizzazione non profit Buon Pastore, e Andrea Stocchiero di Focsiv.

  • Il materiale alla base delle batterie che alimentano le auto elettriche è il cobalto. Per produrne una ne servono circa 9 chilogrammi, una quantità enorme.
  • In Congo si produce oltre il 60 per cento del cobalto mondiale: è qui che si assiste a una corsa all’oro condotta nella più assoluta deregulation.
  • La domanda impazzita di cobalto ne ha fatto schizzare il costo. Ma invece di produrre benessere e sviluppo, questa moderna corsa all’oro sta generando un’emergenza umanitaria.

 

Molti di noi plaudono giustamente all’affermazione sempre più netta delle auto elettriche o ibride sul mercato. Il materiale alla base delle batterie che alimentano auto elettriche è il cobalto. Per produrre la batteria di un’auto elettrica ne servono circa 9 chilogrammi, una quantità enorme (ma il cobalto è materiale fondamentale anche per la fabbricazione di batterie per smartphone: in questo caso bastano 6/7 grammi, ma essendo di gran lunga più diffuse, hanno una richiesta esponenzialmente più alta). Da quando è esploso il mercato delle auto elettriche, si è scatenata nel mondo una caccia al cobalto.
L’enorme presenza di cobalto sta distruggendo intere aree del CongoIn Congo si produce oltre il 60 per cento del cobalto mondiale: è qui che si assiste a una corsa all’oro condotta nella più assoluta deregulation. I cinesi la fanno da padroni, ma anche moltissime compagnie occidentali sfruttano a costi risibili la manodopera locale causando un depauperamento intensivo di terre e popolazione e facendo precipitare il livello dei diritti indietro di secoli.
La domanda impazzita di cobalto ne ha fatto schizzare il costo. Ma invece di produrre benessere e sviluppo, questa moderna corsa all’oro sta generando un’emergenza umanitaria. Molti degli abitanti della regione dell’ex Katanga, si stanno dedicando all’attività estrattiva dopo aver abbandonato campi e bestiame. Diversi sono impiegati negli impianti industriali, ma il 20 per cento del cobalto è estratto in modo artigianale e ciò, considerata la domanda di minerale, sta diventando essenziale per soddisfare il fabbisogno mondiale.
I minatori artigianali lavorano in condizioni estreme, sterrando con mezzi rudimentali, infilandosi nei cunicoli scavati sotto casa per riportare alla superficie qualche chilogrammo a mani nude con paghe giornaliere che non arrivano a 2 dollari. Moltissimi sono i bambini (40.000 secondo l’Unicef): più agili e brevilinei, si muovono con facilità all’interno dei cunicoli. I minatori sono esposti a livelli molto elevati di sostanze tossiche che provocano alta incidenza di malattie respiratorie e cardiache, patologie della pelle e neurologiche, gravi malformazioni nei neonati, per non contare gli incidenti in miniera che causano morti. Vite miserabili.
Il terminale ultimo delle estrazioni sono famosissime multinazionali dell’auto e dell’elettronica a cui il cobalto viene venduto. La situazione è purtroppo peggiorata a causa del Covid-19, che ha fatto chiudere i programmi di sostegno delle organizzazioni non governative.
Il paradosso tra diritto ambientale e diritti umani

Lo sviluppo del mercato automobilistico green sta producendo uno dei più clamorosi paradossi: per garantire il fabbisogno di cobalto necessario alle auto non inquinanti nei paesi più sviluppati, si procede a operazioni di sfruttamento di uomini e terre che sta progressivamente producendo un impatto gravemente lesivo dell’ambiente e dei diritti in Africa. La notizia positiva è che grazie al lavoro di alcune ong, le denunce di Amnesty o di associazioni di consumatori occidentali responsabili, è aumentata la pressione sulle aziende. Alcune si sono dotate di codice etico, rinunziano a impiegare bambini, adeguano le paghe, trattano sui diritti degli operai. Altre, purtroppo, continuano indisturbate.
Scopo dell’inchiesta che il giornalista Luca Attanasio propone, è favorire la consapevolezza in Italia (dove, a differenza di mondo anglosassone, si è scritto poco e ancora meno si conosce il fenomeno) e sostenere un consumo responsabile: chi acquista deve conoscere la filiera del prodotto e, nel caso non si dimostri rispettosa dei diritti, può trasformarsi in una potente arma di lotta per la salvaguardia della giustizia e dell’ambiente.

 

Di tutto questo parleremo martedì 18 agosto, alle ore 17:00 insieme a Riccardo Noury di Amnesty International, Cristina Duranti della organizzazione non profit Buon Pastore, e Andrea Stocchiero di Focsiv.

Siete tutti invitati a partecipare online cliccando sul link qui 
ID riunione: 954 0662 2040
Passcode: 692631

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