Crisi climatica: sentenza storica della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
Fonte immagine Climate justice – Wikipedia
Ufficio Policy Focsiv – La giustizia climatica ha molte facce, oltre all’esigenza di far pagare chi ha più responsabilità nell’emissione dei gas serra, siano Stati, imprese e generazioni, vi è il riconoscimento del diritto umano ad un clima sano e quindi il diritto a che gli Stati lo garantiscano mettendo in atto tutte le misure necessarie e convenute a livello internazionale di riduzione delle emissioni. A tal proposito riprendiamo la notizia sulle sentenze della Corte europea per i diritti umani sulle cause climatiche (da Fidest agenzia di stampa, da Tre sentenze storiche della Corte europea su clima e diritti umani – Protezione Civile, Il Giornale della (ilgiornaledellaprotezionecivile.it), e da Corte diritti Ue, sentenza storica: Svizzera condannata per inazione climatica – Affaritaliani.it)
Sono state emesse dalla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo le attese sentenze sulle tre cause climatiche intentate presso il foro. I giudici erano chiamati a valutare se la mancata adozione da parte degli Stati di politiche climatiche in linea con gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi configurasse violazione dei diritti dei loro cittadini. È la prima volta che la Corte si pronuncia sulle mancate misure per il clima.
Nel caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e altri contro la Svizzera, la Corte di Strasburgo ha condannato la Svizzera per la mancata adozione di misure in materia climatica, riconoscendo di fatto la relazione tra difesa del clima e tutela dei diritti umani. La CEDU ha condannato lo Stato elvetico per aver violato l’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto non ha preso sufficienti misure per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. La sentenza dovrebbe costringere il governo elvetico a varare politiche climatiche più efficaci e può avere importanti ripercussioni su altri Paesi europei.
Non è invece positivo l’esito della causa Duarte Agostinho e altri V. Portogallo e 32 altri Paesi, colpevoli di non aver preso le misure necessarie per evitare l’innalzamento della temperatura sopra 1,5°C, come stabilito dagli accordi di Parigi nel 2015, presentato da 6 giovani portoghesi. I giudici di Strasburgo hanno infatti dichiarato inammissibile il ricorso: “Per quanto riguarda la giurisdizione extraterritoriale degli Stati convenuti diversi dal Portogallo, la Corte ha ritenuto che non vi fossero motivi nella Convenzione per estendere, tramite interpretazione giudiziaria, la loro giurisdizione extraterritoriale nel modo richiesto dai ricorrenti. Considerato che i ricorrenti non avevano intrapreso alcuna via legale in Portogallo in merito alle loro denunce, il ricorso dei ricorrenti contro il Portogallo è risultato irricevibile anche per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne”. La Cedu ha rifiutato questo ricorso perché ha stabilito che i ragazzi non avessero esaurito tutte le possibilità di azione legale in Portogallo, una condizione che sarebbe stata necessaria prima di coinvolgere gli altri Stati nel ricorso.
E contemporaneamente dalla Cedu è arrivata alla stessa conclusione anche per il ricorso che Damien Carême, un ex sindaco francese e europarlamentare dei Verdi, aveva presentato contro la Francia, accusandola di non aver fatto abbastanza per contenere la crisi climatica e i suoi effetti, aumentando il rischio di inondazioni per la cittadina costiera di Grande-Synthe, in Francia. Il suo caso è stato giudicato inammissibile perché, secondo la Corte europea, Carême non vive né a Grande-Synthe né in Francia, pertanto non può dimostrare alla Corte di venire danneggiato da eventuali violazioni dei diritti umani.
“In altre parole – commenta Lucie Greyl dell’organizzazione A Sud e co-coordinatrice della Campagna Giudizio Universale – la CEDU ha rimandato ai giudici nazionali il compito di pronunciarsi sull’adeguatezza delle politiche climatiche e sugli impatti che la mancata azione ha sui diritti umani. Una ragione in più per impugnare la sentenza con cui il Tribunale ha dichiarato inammissibile la nostra causa”. È di un mese fa infatti la sentenza del Tribunale Civile di Roma ha rigettato la causa intentata da 203 ricorrenti contro lo Stato Italiano per “difetto assoluto di giurisdizione”. Eppure, il contenzioso sul clima contro lo Stato italiano (A Sud et. al. contro Italia) si basa proprio sulla minaccia ai diritti fondamentali causata dall’inadeguatezza delle politiche climatiche e affronta la mancanza di un quadro normativo sul clima e l’assenza di politiche basate sulla scienza. “L’altra novità importante è che il legame inscindibile tra azioni di contrasto ai cambiamenti climatici e tutela dei diritti da oggi ha nella pronuncia della CEDU un riconoscimento fondamentale per le nostre battaglie per la giustizia climatica”.
Infine, la sentenza costituisce un ulteriore incentivo per l’adozione di una legge sul clima che definisca, tra l’altro, gli obiettivi climatici e le percentuali vincolanti di riduzioni delle emissioni di gas effetto serra, nonché i budget di carbonio settoriali derivanti dagli obiettivi di riduzione delle emissioni: le associazioni ambientaliste, WWF in testa, la chiedono da tempo e hanno anche avanzato proposte concrete, raccolte dall’Intergruppo dei Parlamentari per il Clima.