Decarbonizzare i militari: imporre controllo delle emissioni
Ufficio Policy FOSIV – Poco se ne parla, il cosiddetto complesso militare-industriale che sostiene la guerra è una delle principali cause del cambiamento climatico. La produzione di armi, il loro uso devastante, le caserme e i trasporti militari, si fondano su un consumo energivoro, e le conseguenze della guerra con la distruzione della biodiversità riduce in modo importante l’assorbimento di carbonio. Il risultato è tragico e nonostante ciò le armi sono tra le principali spese degli Stati. Investimenti per il suicidio umano. E’ ora di ridurre le spese militari e aumentare invece gli investimenti per la cooperazione e l’aiuto pubblico allo sviluppo (home – campagna 070) per salvare la nostra casa comune.
Il seguente scritto è il riassunto dell’articolo “Decarbonize the military — mandate emissions reporting” pubblicato sulla rivista “Nature” https://www.nature.com/articles/d41586-022-03444-7 che riporta cause, conseguenze e soluzioni dell’enorme impronta di carbonio delle forze armate.
Le forze armate mondiali hanno un’enorme impronta di carbonio. Nessuno sa esattamente quanto gas serra emettano, ma le stime variano tra l’1% e il 5% delle emissioni globali. Ad esempio, l’esercito americano è il più grande al mondo in termini di spesa. Se fossero una nazione, le forze militari statunitensi avrebbero le emissioni pro capite più alte del mondo, con 42 tonnellate metriche di anidride carbonica equivalente (CO2eq) per militare. Ogni anno, l’uso di carburante per jet da parte delle sole forze armate statunitensi genera emissioni equivalenti a sei milioni di autovetture statunitensi. Eppure, le forze armate sono in gran parte risparmiate dalla rendicontazione delle emissioni.
Come evidente dal grafico seguente, le forze armate statunitensi e della Gran Bretagna consumano idrocarburi come i paesi a maggiore intensità di emissione procapite di carbonio.
Una domanda sorge spontanea: perché? La risposta è breve, politica, e legata alla mancanza di informazioni. Durante i negoziati del Protocollo di Kyoto nel 1997, i delegati statunitensi hanno fatto pressioni per motivi di sicurezza nazionale per escludere i militari dai requisiti di segnalazione dei gas serra. Tuttavia, ora sono disponibili metodi per contare le emissioni lungo le catene di approvvigionamento globali senza compromettere i diritti di proprietà intellettuale o divulgare informazioni sensibili.
Tutto ciò deve cambiare, o le misure di mitigazione rischiano di diventare delle semplici congetture. Senza un accordo internazionale sulle responsabilità, i requisiti di rendicontazione, la leadership e la volontà politica di agire sulle spese militari, il monitoraggio e la riduzione delle emissioni militari continueranno a non essere prioritarie. Inoltre, mancano metodologie accurate per il calcolo delle emissioni delle attività militari. Come per qualsiasi grande azienda, l’accesso alle informazioni sulle emissioni dai siti delle forze armate e all’uso di routine dei trasporti sarebbe semplice, ma la registrazione delle emissioni è quasi impossibile in luoghi ostili, in rapido cambiamento o insicuri. La mancanza di dati pubblicati rende difficile stimare le emissioni militari.
Si chiede dunque un’azione in quattro aree:
- In primo luogo, le forze armate in tutto il mondo devono essere ritenute responsabili delle emissioni di gas serra. Sebbene gli impegni nazionali a raggiungere emissioni nette zero abbiano contribuito a focalizzare l’attenzione politica in alcuni paesi, gli standard e gli obblighi internazionali devono essere concordati. L’UNFCCC è il forum più appropriato e deve rafforzare e riformare i suoi protocolli di segnalazione per includere le forze armate. La COP27 (oramai passata senza accordi sulla responsabilità delle forze militari – ndr) e la COP28 sono opportunità chiave per quegli stati che si sono già impegnati nell’agenda delle emissioni militari, come gli Stati Uniti e il Regno Unito, per mostrare la propria leadership. I ricercatori devono sostenere l’adozione di standard comuni per la contabilità del carbonio, la rendicontazione e la riduzione delle emissioni militari, e questi devono essere trasparenti, limitati nel tempo e misurabili.
- In secondo luogo, le forze armate devono migliorare la loro capacità di calcolare, gestire e ridurre le emissioni, e devono addestrare il personale a farlo. I ricercatori dovrebbero collaborare con le forze armate per scambiare conoscenze e le migliori pratiche del settore civile; contribuire allo sviluppo di protocolli per le emissioni specifiche dei militari; e utilizzare o acquistare apparecchiature a basse emissioni di carbonio.
- In terzo luogo, i ricercatori devono documentare e comprendere in che modo i conflitti armati influiscono sul clima e sulla società. Questa dinamica è complessa ma cruciale per identificare percorsi di ripresa a basse emissioni di carbonio per i paesi che entrano in conflitto, come l’Ucraina, e per comprendere i costi a lungo termine dei conflitti armati.
- Infine, la ricerca indipendente è fondamentale per rendere responsabili le forze armate e per sostenere gli obblighi assunti nell’ambito dell’UNFCCC. Chiaramente, è urgente fornire ai ricercatori il supporto per condurre analisi indipendenti e fornire soluzioni basate sull’evidenza, e le forze armate dovrebbero lavorare fianco a fianco con il mondo accademico e l’industria per stabilire un mezzo comunemente compreso e verificabile per la contabilizzazione delle emissioni.