Il Covid-19 e i popoli indigeni in Amazzonia

Oggi dalle 10.30 il seminario nazionale annuale sulla Custodia del Creato affronta il tema della VITA BUONA, SU UNA TERRA DA RISANARE: AMBIENTE E SALUTE IN TEMPO DI PANDEMIA. FOCSIV partecipa a questo incontro con uno sguardo internazionale attento al Sud del mondo, secondo la prospettiva della giustizia sociale ed ambientale, per parlare di “L’ Amazzonia tra sfida ecologica e Covid-19” grazie ai video realizzati dai nostri volontari in Perù ed Ecuador.
Ai fini di contestualizzare le testimonianze video ricevute da parte della UDAPT (l’Unione delle comunità indigene contro Texaco, partner di FOCSIV in Ecuador) e delle comunità indigene Shuar e Siona è opportuno fornire qualche informazione del contesto, e in specifico dati sui numeri dei contagi e dei morti che si sono registrati nei territori dell’Amazzonia ecuadoriana. I dati della REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica) che si è occupata di mappare i contagi in tutta l’Amazzonia dall’inizio del contagio per COVID-19, riporta al 12 aprile del 2021 un numero totale di 2,6 milioni di contagi e 67.318 morti, di cui 19.430 contagi e 487 morti nell’area ecuadoriana. I dati presi dalle indagini sanitarie dei ministeri della salute sono però parziali.
Per completare l’informazione è utile ricordare che in Ecuador è stato realizzato un monitoraggio ad hoc per il conteggio dei contagi e delle morti riferiti esclusivamente alle comunità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana (Kichwa, Shuar, Waorani, Siekopai, Siona, Sapara, Shiwiar, Andwa y Achuar) tramite una piattaforma promossa dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Amazzonia Ecuadoriana (CONFENIAE), in collaborazione con le ONG Amazon Watch, ADEA e l’Istituto di Geografia della Università San Francisco di Quito. L’ultima attualizzazione è dell’8 dicembre 2020 e riporta 3.257 casi positivi confermati e 665 sospetti, 50 morti confermate e 54 sospette su 9.656 prove rapide e PCR effettuate (dal 1 maggio 2020). I dati sono sicuramente minori di quelli reali, difficili da raccogliere perché gli indigeni non vanno negli ospedali (come dichiarano nei video) e perché lo Stato effettua pochi tamponi.
La comunità indigena più colpita dalla pandemia è la Kichwa (provincia del Napo), seguono: Shuar (Morona Santiago), Waorani (Orellana, Pastaza), Kichwa (Orellana, Sucumbíos), Shuar (Zamora Chinchipe), il resto delle comunità registrano meno casi.
A seguito della comparsa di contagi tra gli abitanti delle comunità indigene, l’ONU e la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) hanno esortato gli Stati affinchè garantiscano loro una protezione speciale dalla pandemia. Amnesty International i primi di giugno 2020 ha fatto richiesta allo Stato ecuadoregno di dotarsi di un protocollo di tutela per le comunità indigene dell’amazzonia a seguito della espansione del virus nei loro territori.
Se è vero che il Covid ha avuto impatto in tutti i paesi e città del pianeta, è altrettanto corretto affermare che alcune persone come nel caso dei componenti delle comunità indigene sono state più colpite di fronte alla pandemia a causa della loro alta vulnerabilità dovuta alla scarsità di protezione, alle difficoltà di accesso al sistema di salute e di informazione, alle infrastrutture e ai trasporti, e agli strumenti essenziali per affrontare la crisi. Inoltre, in Ecuador il governo ha dato una risposta debole per proteggere le comunità dagli effetti della crisi sanitaria. Addizionalmente all’impatto della pandemia i territori delle comunità indigene continuano ad essere sfruttati dagli interessi estrattivisti, complici del peggioramento della crisi.
Ad inizi maggio 2020 la Confederazione delle Nazionalità Indigene Ecuadoregne (CONAIE) denunciò le imprese petrolifere e minerarie di non rispettare lo stato di emergenza imposto dal Governo, ponendo in serio rischio l’esistenza delle comunità indigene, che in alcuni casi come nello Yasuní hanno aumentato le attività produttive nonostante la pandemia. Molte imprese non si preoccupano neanche di stabilire protocolli di prevenzione del contagio permettendo l’ingresso di personale esterno nel territorio delle comunità, porta d’accesso alle piattaforme di estrazione del petrolio e dei minerali. Alcune delle attività di estrazione forestale principalmente di balsa, che hanno luogo nei territori delle comunità kichwa e waorani, hanno inciso sull’aumento dei contagi. Le imprese del legname che operano nella regione amazzonica hanno sede a Guayaquil e le persone che si dedicano al commercio della balsa comprano legname dai membri delle comunità, tale attività di acquisto non si è interrotta neanche a seguito delle restrizioni alla mobilità tra province.
Ecco quindi che la diffusione e gli effetti della pandemia si intrecciano inevitabilmente con l’impatto dell’estrattivismo, nel marginalizzare ed escludere i popoli indigeni. Ancora una volta far fronte a queste dinamiche significa prendere le parti dei diritti umani di questi popoli ed accompagnarli nella lotta per una vita dignitosa, richiamando gli Stati alle loro responsabilità e fermando l’invasione dei grandi interessi economici.
Si propone qui la visione dei video realizzati dai nostri volontari in Perù ed Ecuador.