La prossima legislazione tessile dell’UE deve chiedere una rottura urgente con la fast fashion

25 ONG europee, tra cui FOCSIV, rifiutano le misure volontarie che prendono le imprese per “ripulire” l’immagine dell’industria della moda (greenwashing) e chiedono che la prossima legislazione tessile dell’UE ritenga i grandi marchi corresponsabili dell’inquinamento globale.
Alcune delle più grandi reti europee di associazioni ambientalistiche e per un lavoro dignitoso stanno unendo le forze per chiedere la fine della fast fashion nell’industria tessile, uno dei maggiori inquinatori industriali del mondo. 675 milioni di tonnellate di materie prime vengono utilizzate ogni anno per alimentare il consumo dell’UE di abbigliamento, calzature e tessili per la casa – una media di 1,3 tonnellate per ogni cittadino dell’UE (fonte: Agenzia europea dell’ambiente 2019)
Come parte della campagna Wardrobe Change, promossa anche da FOCSIV, le Organizzazioni della società civile chiedono nuove politiche per fermare la sovrapproduzione incontrollata di tessuti. Le misure proposte includono: standard minimi per la durata dei vestiti, il divieto di distruggere i beni invenduti e restituiti, regole per verificare e comprovare le certificazioni verdi, e obiettivi ambiziosi per una riduzione assoluta della quantità di risorse naturali utilizzate in tutta la catena di approvvigionamento.
Le associazioni chiedono anche regole urgenti sulle sostanze chimiche pericolose utilizzate per la produzione, e che i piani per combattere i danni ambientali includano azioni per porre fine alle violazioni dei diritti del lavoro nelle catene di fornitura.
Il documento delle associazioni contiene, quindi, quattro richieste chiave:
- Rendere i prodotti tessili sostenibili attraverso elevati standard minimi di design, migliori processi di produzione, tracciabilità, trasparenza e divulgazione delle informazioni, vietando la distruzione dei beni invenduti e restituiti.
- orientare il consumo su prodotti tessili che consumano poche risorse, con regole su quali siano le certificazioni verdi affidabili, con un’etichettatura armonizzata e migliori informazioni sulla durata prevista e sulla riparabilità di un prodotto.
- Lasciarsi alle spalle il modello di business lineare tassando l’uso delle risorse prime e rendendo i produttori responsabili dei prodotti che immettono sul mercato “dalla culla alla tomba”.
- Vigilare affinché l’industria tessile europea sia responsabile nel mondo attraverso stringenti regole di due diligence sui diritti umani e ambientali.
Questo appello arriva mentre la produzione di abbigliamento e tessile continua a crescere, nonostante l’abbondanza di iniziative di sostenibilità da parte dei principali marchi di moda e rivenditori. La quantità totale di vestiti prodotti nel mondo è raddoppiata tra il 2000 e il 2015; nel 2017, le famiglie dell’UE hanno speso 527,9 miliardi di euro in vestiti e prodotti tessili (fonte: Agenzia Europea dell’Ambiente 2019). Il mercato globale della fast fashion dovrebbe crescere da 25 miliardi di dollari nel 2020 a 40 miliardi di dollari nel 2025 (fonte: Research and Markets 2021)
La Commissione europea sta attualmente raccogliendo feedback dall’industria e dalle organizzazioni della società civile, con l’obiettivo di presentare nuove misure entro la fine dell’anno.
Emily Macintosh, responsabile delle politiche tessili presso l’Ufficio europeo dell’ambiente (EEB), ha detto:
“Non possiamo chiedere alle persone di fare la loro parte quando si tratta di sostenibilità se le aziende multimiliardarie responsabili della promozione di queste abitudini di consumo insostenibili non sono tenute a rispondere. Le leggi dell’UE dovrebbero concentrarsi sulla riduzione della quantità di risorse utilizzate nelle catene di approvvigionamento e sull’incentivazione del mercato dei tessuti di seconda mano e riparabili. Il modello di business lineare e di sfruttamento del fast fashion deve diventare un ricordo del passato“.
Valeria Botta, Programme Manager di ECOS – Environmental Coalition on Standards, ha aggiunto:
“L’UE può trasformare il modo in cui i prodotti tessili sono progettati, rendendoli sostenibili. I nostri vestiti devono durare più a lungo, essere più facili da riparare e riutilizzare, ed essere fatti senza materiali e sostanze nocive. Per fare in modo che i prodotti tessili e la loro produzione siano veramente circolari, abbiamo bisogno di leggi ambiziose dell’UE che stabiliscano requisiti minimi, spingano il mercato verso l’opzione migliore e includano ambiziosi obiettivi vincolanti per ridurre le impronte ambientali dei materiali e dei consumi. L’UE dovrebbe cogliere questa opportunità per regolamentare finalmente questa industria e ispirare gli altri“.
A sua volta FOCSIV sottolinea la necessità che i diritti del lavoro e il lavoro dignitoso di milioni di uomini e donne, che lavorano nella filiera del tessile e della moda, siano rispettati, e che il lavoro minorile sia eliminato. I più responsabili sono quei grandi marchi di distribuzione che comandano la produzione nel mondo, e che devono controllare e promuovere condizioni di lavoro dignitose presso fornitori e subfornitori nel mondo. L’UE deve intraprendere con decisione il percorso per una regolamentazione forte sulla dovuta diligenza, e farsi promotrice coraggiosa di un nuovo corso, per politiche coerenti con gli impegni e i principi contenuti nell’ Agenda 2030. La tutela dei diritti umani non può e non deve esser sacrificata in nome del profitto.