MULTINAZIONALI E DIRITTI UMANI: LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO TOMASI A GINEVRA
Riportiamo l’intervento di Sua Eccellenza Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede all’ ONU e presso le altre Organizzazioni internazionali, a Ginevra alla XXIII sessione del Consiglio dei diritti umani.
Per condividerne lo spirito, per riportare ancora una volta “la persona al centro”, per non lasciarsi schiacciare inermi dalle il-logiche della politica e dell’economia globale.
Signor Presidente,
La necessità di richiamare tutti i soggetti interessati a una maggiore Responsabilità Sociale e Ambientale delle Imprese è divenuta ancora più urgente a seguito della notizia del crollo di una fabbrica di abbigliamento alla periferia di Dhaka il 24 aprile scorso. La perdita di oltre 1.100 giovani vite accompagnata al dolore dei loro parenti, alla sofferenza e ai sogni infranti di centinaia di altri, ribadisce la necessità di immediati interventi che dovranno essere intrapresi da tutte le imprese che partecipano al processo produttivo globale e che si basa sul contributo fondamentale dei lavoratori. Le immagini di quel disastro rivelano anche la dimensione delle interdipendenze che la globalizzazione ha creato nelle attività economiche mondiali.
Profondamente scosso dal tragico evento di Dhaka, Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per le situazioni in cui “le persone divengono meno importanti delle cose che generano profitto per coloro che detengono il potere politico, sociale ed economico. Con riferimento alle principali problematiche che oggi affliggono il lavoro in fabbrica ha affermato che “non pagare un giusto salario, non garantire il lavoro, guardando solo al profitto personale significa essere ‘contro Dio!”, e descrive le condizioni nelle quali i lavoratori hanno perso la vita come “lavoro da schiavi”.
Sono numerose le sfide che si sono aperte con i nuovi processi industriali e con la creazione di sistemi di produzione di massa nel corso degli ultimi 300 anni. I governi, la società civile, i sindacati, gli azionisti e le società, a volte in modo cooperativo e altre volte contrastandosi, hanno lavorato per ridurre gli impatti negativi di tali attività. Tuttavia ancora oggi il numero delle vittime a causa di condizioni di lavoro non sicure rimane troppo elevato.
Negli ultimi anni diverse iniziative sono state prese dai diversi soggetti interessati per affrontare problematiche relative ai modelli di produzione e alle ‘catene di valore’ comuni a quasi tutti i settori di attività. Queste iniziative hanno favorito un importante livello di controllo sulle politiche e soprattutto sulle pratiche da cambiare. Questi soggetti provenienti sia dal settore pubblico che da quello privato della società civile meritano importanti riconoscimenti per le loro azioni volte a proteggere la dignità umana, promuovere i diritti umani e la salvaguardia dell’ambiente.
Recentemente, nella enciclica “Caritas in Veritate” del 2009”, Papa Benedetto XVI ci ha ricordato che “tra coloro che non rispettano i diritti umani dei lavoratori ci sono le grandi imprese transnazionali e anche gruppi di produzione locale.” E’ fondamentale quindi, per tutti, riconoscere le norme sul lavoro come parte integrante e importante della responsabilità sociale delle imprese. La libertà di associazione, l’eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato, l’abolizione del lavoro minorile e l’effettiva eliminazione della discriminazione sui luoghi di lavoro e nei salari, devono essere principi rispettati e applicati in tutte le giurisdizioni.
Un altro importante aspetto del lavoro che resta ancora da affrontare riguarda un maggiore consenso e consapevolezza circa il ruolo e la responsabilità delle imprese nella società. Anche se un gran numero di persone e dirigenti aziendali hanno superato la concezione per la quale la massimizzazione del profitto è l’unica ragione e scopo per le imprese, la definizione di un nuovo quadro giuridico che può servire da base a questa nuova visione è ancora ad uno stadio iniziale. La ricerca di un consenso che dovrà garantire un equilibrio desiderabile tra il ruolo e la responsabilità dei governi, del settore pubblico, e allo tempo stesso, la creazione di uno spazio per le società private affinché rendano un prezioso contributo al bene comune, va avanti. Dobbiamo sostenere gli impegni volti a questa ricerca e permettere di raggiungere giuste e nello stesso tempo chiare soluzioni per le diverse situazioni, culture e regioni del mondo.
L’approvazione da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel giugno 2011 dei ” Guiding Principles on Business and Human Rights: Implementing the United Nations Protect, Respect, and Remedy Framework ” è stato un traguardo importante. E’ stato seguito nel novembre 2011 dalla pubblicazione del “The Corporate Responsibility to Respect Human Rights: An interpretative Guide ” da parte dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani. In questo modo l’impegno per la realizzazione di questi obiettivi diventa evidente. Sarà benvenuta l’istituzione di una piattaforma che richiamerà gli Stati a proteggere, le imprese a rispettare, e tutte le parti interessate a porre rimedio ai passati abusi sui diritti umani.
Il processo collaborativo e inclusivo che ha portato all’adozione di queste importanti politiche da parte delle Nazioni Unite è stata una chiara indicazione di come tutti i soggetti interessati, alcuni dei quali si erano inizialmente posti su fronti opposti nei numerosi dibattiti relativi a questi temi, sono pronti sia a sostenere l’impegno sociale delle imprese, sia a disporre gli strumenti e i meccanismi che faciliteranno l’adempimento a tali responsabilità. L’impegno dei diversi soggetti interessati a questi principi, che è parte integrante della promozione dei diritti umani, sta offrendo un importante contributo al lavoro strategico che ora viene compiuto.
La Responsabilità sociale d’impresa non è volta solo a rispondere alle esigenze poste dalle organizzazioni internazionali e dall’opinione pubblica che premono affinché le aziende private assumano un ruolo maggiore nel promuovere il benessere ovunque esse operino, ma contribuisce in maniera concreta a realizzare condizioni di giustizia sociale.
La Santa Sede coglie l’occasione per ribadire la responsabilità delle compagnie transnazionali e delle altre imprese nel rispetto dei diritti umani. Una giusta Regolamentazione può favorire la promozione e il rispetto dei diritti umani e del bene comune di tutti. Ogni azienda, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal numero di dipendenti o dal paese in cui opera, dovrebbe sostenere, rispettare e proteggere i diritti umani proclamati a livello internazionale nell’ambito della loro sfera di influenza.
È necessaria anche una maggiore trasparenza da parte di tutte le imprese in modo che i soggetti interessati abbiano le informazioni necessarie per formulare giudizi fondati sul modo in cui i diritti umani sono rispettati e tutelati. I consumatori potranno beneficiare anche di una maggiore trasparenza e di una migliore posizione per valutare le loro scelte di acquisto. In questo modo si potranno premiare le aziende che realmente si attivano per il rispetto dei diritti umani . Migliori certificazioni e standard internazionali potranno anche aiutare ad affrontare meglio questa sfida globale, definendo dei quadri di riferimento per il monitoraggio di coloro che rispettano i diritti umani e la responsabilità sociale delle imprese.
In conclusione, signor Presidente, davanti alle immagini del grave incidente della fabbrica in Bangladesh, vogliamo fare un appello speciale per la creazione, la promozione e lo scambio di buone e innovative pratiche, da diffondere sia nel settore pubblico e privato, in modo che un maggiore rispetto dei diritti umani diventi una priorità per tutte le aziende. Il raggiungimento di questi obiettivi potrà beneficiare le persone in tutto il mondo e sostenere il bene comune universale. Pratiche commerciali responsabili che rispettano i diritti umani e la tutela dell’ambiente sosterranno un’economia più sostenibile e inclusiva.
Grazie, signor Presidente
Ginevra, 31 maggio 2013