Scacciare i migranti dall’Europa e tra i paesi Africani
Fonte immagine: https://www.aljazeera.com/news/2023/7/19/despite-eu-tunisia-deal-black-refugees-pushed-out-gunpoint
Ufficio Policy Focsiv – Le notizie sul recente Memorandum of Understanding tra Unione europea e Tunisia sono circolate molto nei media nazionali ed internazionali. I commenti vanno dalla soddisfazione per l’accordo raggiunto che consente all’Europa di fermare i migranti in Tunisia e a questo paese di avere aiuti per far fronte alla crisi finanziaria e sociale, a quelli che invece lo denunciano perché non tiene conto dei diritti umani dei migranti. In effetti questo accordo prosegue la politica europea di esternalizzare la gestione dei flussi migratori (dal Marocco alla Libia alla Turchia, ai paesi Balcanici): pagare per contenere i flussi, aiutare questi paesi a gestire i campi profughi con un minimo di accoglienza rafforzando le guardie costiere per evitare la partenza dei barconi carichi di migranti, e i confini con i paesi limitrofi per fermare il contrabbando dei migranti.
Niente di nuovo quindi, eccetto il rafforzamento del contenimento dei migranti in Tunisia e per i suoi respingimenti alle frontiere. L’accordo con la Tunisia non è solo sui migranti ma è “comprensivo” perché nel trattarlo il presidente tunisino ha chiesto aiuto finanziario in modo da consentirgli di negoziare meglio le condizioni che sta cercando di imporre il Fondo Monetario Internazionale, e vi sono aiuti anche per migliorare il commercio, promuovere gli investimenti, la transizione energetica e le relazioni tra i popoli con particolare riferimento al partenariato per i talenti, ovvero alla formazione di giovani tunisini con alte competenze per il mercato del lavoro europeo.
Peraltro l’Unione europea aveva già una cooperazione strutturata con la Tunisia (https://neighbourhood-enlargement.ec.europa.eu/european-neighbourhood-policy/countries-region/tunisia_en), e quindi anche in tal caso, niente di nuovo, se non nuovi finanziamenti, che comunque saranno sempre insufficienti se gli stessi tunisini non trovano un consenso democratico per un loro sviluppo sostenibile.
Come al solito la creazione di canali regolari e sicuri dalla Tunisia verso l’Europa, per i migranti tunisini, è considerata nel memorandum, ma si tratta di pochi numeri e non riguarda le persone che vengono dall’Africa subsahariana, gli ultimi degli ultimi. La politica europea rafforza i confini in Africa, i suoi regimi autoritari, creando nuove frizioni e razzismi tra i loro popoli e i governi, creando nuove discriminazioni tra gli stessi migranti: i tunisini potranno godere di un canale regolare (salvo continuare ad accettare i rimpatri degli irregolari), mentre i nigerini o maliani somali o etiopi no, continueranno ad essere cacciati o sfruttati nelle economie locali.
L’accento sulla politica securitaria contro i migranti è prevalente e sta espandendo i sentimenti di divisione, dentro l’Europa e dentro l’Africa, tutto il contrario della fratellanza umana, chimera evocata da Papa Francesco (vedi l’enciclica Fratelli tutti) e da tutte le persone che hanno a cuore i diritti umani e la solidarietà tra i popoli. Nonostante ciò cittadini, organizzazioni e movimenti per i diritti umani continuano ad operare con tenacia contro corrente.
In questo contesto abbiamo scelto di tradurre il commento di ECRE in https://ecre.org/eu-external-partners-libya-and-tunisia-continue-crimes-and-abuse-eu-continues-funding/, perché prende le parti dei diritti dei migranti, dei più deboli ed esclusi, scacciati dall’Europa e dai paesi vicini, perché le loro speranze di dignità non hanno protezione.
ECRE. I partner esterni dell’UE: Libia e Tunisia perseverano in crimini e abusi. L’UE continua a mandare finanziamenti
Nonostante i legami criminali e i continui abusi contro i soccorritori civili e i migranti, l’UE offre nuovi mezzi alla cosiddetta Guardia Costiera libica. Le deportazioni nel deserto e l’incitamento alla violenza contro i migranti subsahariani in Tunisia mettono sotto esame l’accordo UE-Tunisia sulla migrazione.
Nonostante le prove sempre più evidenti di attività criminali e violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della cosiddetta Guardia costiera libica, i finanziamenti dell’UE continuano a fluire. La Commissione europea riconosce che la guardia costiera libica è infiltrata da gruppi criminali. Il 6 luglio, il Commissario per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha dichiarato: “Devo anche dire che alcuni dei Paesi vicini e di transito sono più difficili di altri, come la Libia, dove abbiamo innegabili indicazioni di gruppi criminali che si stanno infiltrando nelle Guardia Costiera”.
Dopo un incidente recentemente documentato in cui la Guardia Costiera libica sparava colpi di arma da fuoco vicino a una barca di migranti, un ex ufficiale di polizia libico ha dichiarato: “La Guardia Costiera libica e i contrabbandieri sono una cosa sola” aggiungendo: “Non sono sotto la legge, sono al di sopra della legge”.
L’ex ufficiale di polizia ha inoltre spiegato che: “I contrabbandieri pagano soldi alla Guardia Costiera libica per lasciarli passare [in Europa via mare]”. Ha inoltre confermato all’Osservatore UE come “la Guardia Costiera deruba i migranti e i rifugiati intercettati di tutti i loro beni prima di consegnarli a qualcun altro. Quelli che possono essere spremuti per avere più soldi vengono restituiti ai centri di detenzione, mentre i più poveri vengono inviati alle prigioni libiche gestite dallo Stato”. Lo ha descritto come “un’attività circolare in cui tutti prendono una parte dalla vittima. Un contrabbandiere prima raccoglie denaro dalle famiglie dei detenuti, poi paga coloro che gestiscono il centro di detenzione una tassa per il loro rilascio” affermando “Danno 7.000 dinari libici, lui ne prende 5.000 per pagare la prigione e 2.000 per le proprie tasche”.
Un altro episodio è avvenuto il 7 luglio, quando la Guardia Costiera libica ha sparato nel mezzo di un’operazione di salvataggio da parte di SOS Mediterranée. L’operatore di soccorso civile ha riferito: “Durante l’operazione, l’equipaggio e undici sopravvissuti hanno dovuto affrontare un incidente di sicurezza con una motovedetta libica che ha sparato a distanza ravvicinata dalle nostre barche di salvataggio veloci”.
In una dichiarazione del 13 luglio, l’organizzazione ha confermato il fermo della propria nave di salvataggio Ocean Viking da parte delle autorità italiane e soli cinque giorni dall’episodio, scrivendo: “colpi di pistola sono stati sparati a meno di 100 metri dall’equipaggio di soccorso umanitario e sulle persone naufragate dalla Guardia Costiera libica dopo un salvataggio – tra cui una donna e cinque bambini non accompagnati – mentre stavano cercando di tornare all’Ocean Viking”.
L’11 luglio la testata europea “Politico” ha commentato: “Gli eurodeputati non usano mezzi termini sulla Guardia Costiera libica, di nuovo sotto i riflettori dopo aver sparato contro una nave delle ONG che venerdì stava salvando delle persone”. Nella bozza di mozione si accusano le autorità libiche di detenere i migranti in “condizioni disumane” e di effettuare “torture, stupri e omicidi volontari.” È una posizione ben diversa da quella così ambigua della Commissione europea che continua a fornire navi alla Guardia Costiera libica e ad evitare le domande dei giornalisti sulle ultime accuse”.
Secondo EURACTIV, presente sulla scena, gli spari provenivano da una nave che l’UE ha donato alla Guardia Costiera libica durante una cerimonia, il 22 giugno. Nonostante la sparatoria abbia coinvolto mezzi finanziati dall’UE, altre due imbarcazioni sono in consegna per la Guardia Costiera libica. Il portavoce della Commissione europea non ha comunicato la data di consegna, ma ha confermato che le due navi sono in fase di costruzione. Giorgia Jana Pintus, ricercatrice dell’ARCI, ONG italiana, stima che la Guardia Costiera libica abbia ricevuto un totale di circa 100 milioni di euro di aiuti da parte dell’UE e delle autorità italiane.
Ma ha dichiarato all’Osservatore UE: “questo è un dato parziale perché gran parte del denaro è celato in memorandum d’intesa segreti e in accordi interministeriali”, aggiungendo “ad oggi, la maggioranza dei fondi gestiti dal Fondo Europeo non sono tracciabili dal pubblico” e annota “non sappiamo come e con quali criteri il monitoraggio e la valutazione dei diritti umani siano stati effettuati”.
Nel frattempo, almeno 150 migranti dell’Africa subsahariana, compresi i bambini, rimangono intrappolati in una zona di confine militarizzata tra la Libia e la Tunisia, un altro partner stretto dell’UE nella prevenzione della migrazione. I filmati condivisi da Human Rights Watch mostrano il gruppo chiedere l’elemosina per l’acqua e dire che la gente stava morendo. Secondo quanto riferito, le autorità tunisine avrebbero radunato 800-1000 persone e le avrebbero scaricate nella zona senza cibo né acqua. Secondo i gruppi di soccorso locali, 500-650 persone sono state poi riportate dalle autorità nelle città della Tunisia meridionale.
Le espulsioni hanno fatto seguito a disordini nella città costiera di Sfax dove l’ostilità e la violenza nei confronti delle persone provenienti dall’Africa subsahariana sono esplose dopo la morte di un uomo del posto avvenuta il 3 luglio. Dei rifugiati in Libia hanno diffuso un filmato e hanno riferito il 5 luglio: “Quando le forze dell’ordine pubbliche violano la legge, la gente comune commette crimini e crede di poter incarnare la legge. In questo filmato si vedono funzionari delle forze dell’ordine in auto, militari e cittadini comuni con machete mentre inseguono a morte africani sub-sahariani. Tutto ciò sta accadendo sotto la guida del governo tunisino che sta chiaramente strumentalizzando i cittadini africani alla politica razzista europea. La politica migratoria dell’Europa ha fallito ed è disumana. I migranti non sono merci che possono essere utilizzati per negoziati politici“.
L’osservatore dell’UE ha riferito il 7 luglio come: “I migranti subsahariani nella città costiera tunisina di Sfax hanno “paura per la loro vita” oggetto di una repressione violenta contro di loro che ha provocato centinaia di attacchi, sgomberi ed espulsioni verso la frontiera libica, dicono i gruppi per i diritti e migranti”, osservando inoltre che: “La reazione razzista ha riacceso il dibattito sulla proposta di un accordo di 1 miliardo di euro sulla migrazione UE-Tunisia che rafforzerebbe i servizi di sicurezza della Tunisia e incoraggerebbe gli Stati europei di prima linea a rimpatriare i richiedenti asilo nel Paese nordafricano”.
Il 9 luglio l’eurodeputata verde Tineke Strik ha chiesto alla Presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen e al Consiglio dell’Unione Europea di: “osservare il crescente numero di migranti deportati dal Presidente Saied al confine libico. Bloccati tra un regime autocratico e uno criminale, senza acqua, cibo, riparo, assistenza medica. Fa parte dell’accordo o è l’effetto? Vi esorto: proteggete queste persone”.
Il Presidente tunisino Kais Saied, noto per il suo incitamento razzista ha dichiarato dopo gli scontri a Sfax: “La Tunisia è un paese che accetta sul suo territorio solo coloro che rispettano le leggi. Non accetta di essere utilizzato come zona di transito o territorio di insediamento per persone provenienti da altri Paesi africani, né accetta di essere il guardiano di confini diversi dal proprio”. Una dichiarazione rilasciata dall’ufficio del presidente ha sottolineato “Ci sono molte prove che questo è anomalo. Come possono questi migranti viaggiare per migliaia di chilometri e dirigersi verso una città o un distretto specifico? Conoscono queste città o questi distretti quando sono nei loro paesi? Sono migranti o sfollati da gruppi criminali che sfruttano la loro miseria e trafficano i loro membri, e in questo modo prendono di mira la pace sociale in Tunisia?”. In risposta a presunte menzogne diffuse da innominate potenze straniere, Saied ha detto: “Questi migranti stanno ricevendo un trattamento umano che deriva dai nostri valori e trattati, contrariamente a quanto fanno circolare i paesi coloniali e i loro agenti”.
Nel frattempo, oltre a quelli espulsi al confine libico, un folto gruppo di migranti neri è stato portato in autobus da Sfax alla frontiera del deserto con l’Algeria dalle autorità tunisine. Secondo la ricercatrice di Human Rights Watch (HRW), Lauren Seibert, che ha parlato l’11 luglio “rimangono ancora senza alcun aiuto”. Nizar Skander, portavoce del tribunale nella città sudorientale di Tozeur, ha dichiarato all’AFP lo stesso giorno che “Un primo corpo è stato trovato almeno dieci giorni fa nel deserto [algerino] di Hazoua e un altro la scorsa notte”. Le ONG hanno perso i contatti con il gruppo. Alarm Phone ha riferito – sempre l’11 luglio, che: “Dopo essere stati in contatto per diversi giorni, abbiamo perso i contatti con tutti i gruppi in difficoltà nella regione di confine tra Tunisia e Algeria, forse perché le batterie dei loro telefoni cellulari si sono esaurite. Presumiamo che molti siano ancora bloccati lì. Ora non possono nemmeno più chiedere aiuto” aggiungendo: “Esortiamo tutti a continuare a fare pressione sulle autorità e sulle organizzazioni internazionali per salvarle! Temiamo che senza l’intervento, ancora più persone moriranno lì. Ponete fine a questa politica crudele di violenza, sfollamento e abbandono!”.