Deboli posizioni del Consiglio europeo sulla finanza per lo sviluppo

Fonte immagine Council calls for a reform of the international financial architecture for development – Consilium
Ufficio Policy Focsiv – Il Consiglio dell’Unione europea, che raggruppa i governi dei 27 paesi membri, ha recentemente approvato una dichiarazione in vista della quarta Conferenza ONU sulla finanza per lo sviluppo (FfD4) che si terrà a Siviglia dal 30 giugno al 3 luglio 2025.
La dichiarazione è importante soprattutto quando afferma l’impegno europeo verso il multilateralismo, un ordine fondato sul diritto, le Nazioni Unite quale sistema della comunità internazionale per la prosperità globale, e quindi l’impegno europeo per gli obiettivi dell’Agenda 2030, l’Agenda di Parigi sul clima, e altri trattati e convenzioni ONU.
D’altra parte il Consiglio non assume una posizione ambiziosa per le riforme dell’architettura finanziaria internazionale, come richiesto dalle organizzazioni della società civile (Advancing Systemic Change – CSFFD). Si scrive di massimizzare e ottimizzare il lavoro delle strutture già esistenti, e non di superarle con una reale multilateralizzazione. Il Consiglio lo esplicita fin dall’inizio della dichiarazione “Il Consiglio sottolinea che la FfD4, ove possibile, dovrebbe dare priorità al riconoscimento, alla valorizzazione e al miglioramento dei risultati, dei quadri, delle piattaforme e delle iniziative esistenti, in linea con i loro diversi ruoli e mandati specifici.”
Inoltre, sebbene si riconosca la necessità di colmare il divario di risorse di 4 trilioni di dollari all’anno mancanti per affrontare le crisi planetarie, il Consiglio non si esprime per un loro effettivo aumento ma “ sottolinea l’importanza di ridurre il divario di finanziamento globale per il raggiungimento degli SDG attraverso l’uso efficace di tutte le fonti di finanziamento – pubbliche e private, nazionali e internazionali – per sostenere l’attuazione dell’Agenda 2030, come richiesto anche nel Patto per la prosperità, le persone e il pianeta.”
Sul debito si impegna a fare avanzare il Quadro Comune del G20 per la ristrutturazione del debito e a migliorare i meccanisimi per una sua risoluzione, e dichiara esplicitamente che “la priorità oggi non è creare nuovi strumenti per alleviare il debito, ma elevare la implementazione delle iniziative che stanno già apportando risultati positivi”. D’altra parte concede di “sostenere l’istituzione di un dialogo annuale tra le istituzioni delle Nazioni Unite, i Paesi che si trovano ad affrontare vulnerabilità del debito, il Club di Parigi, altri creditori ufficiali e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM) in qualità di osservatori, per affrontare le questioni relative alla politica del debito.” Non è una nuova convenzione sul debito in seno all’ONU come chiesto dal Meccanismo della società civile, ma almeno un passetto in avanti per una multilateralizzazione del dibattito politico sul debito.
Allo stesso modo sul sistema fiscale, e in particolare riguardo l’imposizione di tasse internazionali, “il Consiglio è deciso a considerare modalità per rafforzare la voce e la rappresentanza dei paesi in via di sviluppo nell’architettura fiscale internazionale”, ma “riconosce il lavoro già prodotto nell’ambito del quadro G20-OCSE, incoraggiandone la prosecuzione ed evitando duplicazioni”, mentre “prende atto dei negoziati in corso su una Convenzione quadro delle Nazioni Unite sulla cooperazione fiscale internazionale e sui relativi protocolli.” Tuttavia non esplicita un suo impegno verso questa convenzione.
Sull’aiuto allo sviluppo il Consiglio riafferma l’impegno generico a raggiungere l’obiettivo di una sua percentuale pari allo 0,7% del reddito nazionale lordo ed evidenzia l’importanza del Global Gateway (Il global gateway per gli interessi di chi? – Focsiv) per aumentare gli investimenti sulle infrastrutture, la digitalizzazione, il clima e l’energia, i trasporti, la salute e l’educazione nei Paesi in via di sviluppo. E quindi reitera l’importanza di mobilitare la finanza privata con garanzie e fondi di investimento pubblico-privati. L’aiuto allo sviluppo deve servire per catalizzare gli investimenti privati. D’altra parte concede “l’importanza di continuare ad accedere a finanziamenti e sovvenzioni agevolate, soprattutto per i settori cruciali per lo sviluppo sostenibile che non sono attraenti per gli investimenti del settore privato”.
Riguardo la richiesta delle organizzazioni della società civile per la creazione di una convenzione ONU sull’aiuto, il Consiglio dichiara che la sua architettura deve “basarsi sui punti di forza e sulle competenze degli enti competenti” ovvero sul Comitato dei donatori dell’OCSE, escludendo quindi i Paesi in via di sviluppo.
Debole anche l’impegno verso la finanza climatica che, si scrive, dovrebbe essere genericamente aumentata, mentre occorre “un processo integrato di pianificazione dello sviluppo sostenibile che riunisca tutte le forme e le fonti di finanziamento, compresi i finanziamenti per il clima e la biodiversità”.
Interessante il paragrafo della dichiarazione che sostiene l’utilizzo di “misure complementari di progresso che vadano oltre il prodotto interno lordo (PIL), tra cui l’Indice di Vulnerabilità Multidimensionale e altri potenziali indicatori che tengano conto della vulnerabilità e della disuguaglianza”. Questo potrebbe essere importante per riconsiderare la distribuzione dell’aiuto allo sviluppo tra i Paesi e l’analisi della loro situazione debitoria.
Infine, anche riguardo le istituzioni finanziarie internazionali, la posizione del Consiglio è generica, chiedendo “una maggiore inclusione e una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, in particolare delle Banche Multilaterali di Sviluppo, per rafforzare la voce e la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo, garantendo al contempo efficacia e responsabilità.” Ma senza esplicitare come potrebbe essere conseguito questo scopo. Anzi si afferma la centralità del Fondo Monetario Internazionale. “L’UE e i suoi Stati membri continuano a impegnarsi fermamente per un FMI forte, basato su quote di partecipazione e dotato di risorse adeguate, al centro della rete di sicurezza finanziaria globale. Gli Stati membri dell’UE riaffermano il loro impegno nei confronti del FMI, che rimane idoneo ad affrontare le sfide del XXI secolo.” Ricordiamo che le quote di partecipazione sono calcolate sulla base della forza economica dei Paesi, ponendo quindi in minoranza i Paesi impoveriti.
In conclusione, la dichiarazione del Consiglio europeo appare conservativa e con poche aperture per una reale riforma dell’architettura finanziaria internazionale. D’altra parte gli ultimi dati sulla questione debitoria indicano come i paesi a basso reddito con situazioni insostenibili siano aumentati dal 27 al 52% del totale, siano senza accesso al credito e con economie al collasso (intervento dell’economista Martìn Guzman all’evento Pellegrini della speranza: un’ispirazione giubilare per agire su debito, clima e sviluppo – Focsiv). Se la Conferenza ONU non arriverà ad accordi significativi, il prossimo futuro, data la situazione internazionale, sarà ben difficile soprattutto per i popoli impoveriti. E non dovremo sorprenderci se l’Occidente sarà considerato a livello globale come una fortezza degli opulenti (salvo aumento delle disuguaglianze anche al suo interno).