A che punto è il Global Compact sulle Migrazioni?

Fonte immagine – ONU: nuove raccomandazioni per la protezione delle vite e dei diritti umani
Ufficio Policy Focsiv – Il fenomeno migratorio, sempre più centrale nei processi di trasformazione globale, rappresenta una questione complessa che coinvolge aspetti sociali, economici, politici e umanitari. Il recente rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite, presentato durante la 79° sessione dell’Assemblea Generale, evidenzia i progressi compiuti nell’attuazione del Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration (GCM), accordo multilaterale adottato nel 2018 (vedi Global compact for migration un passo verso il riconoscimento dei diritti dei migranti), e analizza le sfide ancora presenti nella gestione dei flussi migratori; esplora come il GCM stia contribuendo alla promozione di una governance migratoria basata sui diritti umani e sostenibile, rispondendo alle richieste delle risoluzioni ONU per migliorare i dati e la cooperazione internazionale, con un focus sulla protezione dei migranti in situazioni vulnerabili.
Questo accordo nasce dall’esigenza di creare un quadro comune per gestire i flussi migratori in modo sicuro e rispettoso, affrontando le cause della migrazione irregolare e valorizzando i contributi dei migranti alle società di accoglienza, in relazione al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).
Alla luce delle recenti crisi globali (cambiamento climatico, pandemie e conflitti armati), la necessità di un approccio strutturato e collaborativo è diventata ancora più urgente. Il rapporto sottolinea che il 2023 è stato un anno particolarmente difficile per i migranti, il più letale dell’ultimo decennio, in quanto migliaia di persone hanno perso la vita o sono scomparse lungo rotte pericolose, non solo per le condizioni precarie del viaggio, ma anche a causa di violenze e abusi. Questo dato allarmante riflette non solo le difficoltà nel creare percorsi migratori sicuri, ma anche le crescenti disuguaglianze, il rafforzamento di politiche di deterrenza e la mancanza di risorse adeguate per l’assistenza.
Come prima cosa, il rapporto evidenzia l’obiettivo di trasformare la migrazione da necessità a scelta, garantendo percorsi sicuri e regolari. Tuttavia, i progressi in materia restano disomogenei: mentre alcuni Paesi, come Colombia ed Ecuador, hanno implementato programmi di regolarizzazione per i migranti, e Stati Uniti e Canada hanno ampliato i canali legali, le opportunità di effettuare spostamenti in maniera legittima sono ancora insufficienti rispetto alla domanda globale. Ciò spinge molti verso rotte pericolose ed irregolari, esponendoli in misura maggiore a sfruttamento, abusi e morte. Inoltre, i percorsi legali spesso offrono solo permessi temporanei, limitando l’accesso al lavoro e ai servizi essenziali, perpetuando situazioni di precarietà e vulnerabilità.
Un tema cruciale affrontato dal rapporto è il legame tra cambiamento climatico e migrazione: ogni anno, milioni di persone sono costrette a spostarsi a causa di disastri naturali e condizioni climatiche estreme, che colpiscono soprattutto le comunità rurali (vedi Migrazione e adattamento al cambiamento climatico). Paesi come l’Argentina hanno introdotto misure innovative, come visti umanitari per chi è stato sfollato da disastri ambientali, tuttavia solo il 66% dei Piani Nazionali di Adattamento al Clima affronta concretamente la questione della mobilità umana, una lacuna che deve essere colmata con urgenza. Il rapporto propone quindi un ampliamento delle azioni preventive, “anticipatory action”, per proteggere le comunità più vulnerabili agli impatti climatici, e sottolinea l’importanza di integrare la migrazione nelle politiche climatiche globali, come il Paris Agreement, il Sendai Framework e la Piattaforma globale per la riduzione del rischio di disastri.
Sul fronte della migrazione lavorativa, si evidenza la necessità di garantire condizioni di lavoro eque e tutelare i migranti dallo sfruttamento, in quanto problemi come il lavoro forzato, i costi di reclutamento elevati e salari non pagati, continuano a colpire milioni di lavoratori migranti. Paesi come Sri Lanka, Australia e Bangladesh stanno adottando misure innovative, come codici di condotta per il reclutamento e leggi per decriminalizzare i lavoratori irregolari, mentre strumenti come il Skills Passport in Pakistan e le Talent Partnerships europee aiutano a valorizzare le competenze dei migranti (vedi L’importanza del lavoro dei migranti per l’economia).
Tuttavia, le violazioni dei diritti umani lungo le rotte migratorie restano drammatiche: in molte regioni, il rafforzamento delle politiche di sicurezza alle frontiere ha portato a respingimenti, detenzioni arbitrarie e condizioni di vita disumane per i migranti, spesso criminalizzati o esclusi dall’accesso ai servizi essenziali (vedi Violenze, resistenze e memorie nel Mediterraneo). Ci sono anche esempi positivi: paesi come l’Irlanda hanno regolarizzato i migranti senza documenti a lungo termine, migliorando il loro accesso ai diritti e ai servizi, altri, come Thailandia e Colombia, hanno adottato alternative alla detenzione, dimostrando che soluzioni umane e rispettose dei diritti sono possibili. Ma, permangono rischi per soggetti altamente vulnerabili (il rapporto offre un particolare focus sulle situazioni di bambini, rimpatriati, su differenze di genere e vittime della tratta di esseri umani).
Sempre in relazione all’inclusione socio-economica, il rapporto affronta le difficoltà che i migranti incontrano nell’accedere ai diritti fondamentali. Molti sono esclusi da sistemi di protezione sociale, istruzione e assistenza sanitaria (solo la metà dei Paesi valutati garantisce ai migranti lo stesso accesso alla sanità pubblica riservato ai cittadini), a causa di barriere create dalla discriminazione, costi elevati, burocrazia complessa e paura della deportazione. Ci sono stati comunque progressi significativi rispetto ad una maggiore integrazione in paesi come la Thailandia, la Colombia o il Portogallo. Un altro tema cruciale è il coinvolgimento dei migranti nei processi decisionali, aspetto riconosciuto come fondamentale per garantire politiche inclusive e sostenibili (ad esempio, l’Unione Europea ha incluso i migranti nel suo Piano d’Azione per l’Integrazione e l’Inclusione).
Alla base di ciò vi è una crescente narrativa xenofoba e razzista che demonizza i migranti: tali discorsi alimentano divisioni sociali e giustificano le politiche escludenti condannate dalle Nazioni Unite. Paesi come la Spagna hanno adottato strategie nazionali per combattere il razzismo e promuovere narrative positive sulla migrazione, dimostrando che un cambiamento nel discorso pubblico è possibile.
Nonostante le difficoltà, il rapporto pone l’accento sul ruolo cruciale della migrazione per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). I migranti contribuiscono in modo significativo all’economia globale, attraverso le loro competenze, la diversità culturale, nonché tramite le rimesse verso i paesi a basso e medio reddito (fondamentale è, in particolare, il contributo delle donne): nel 2023, queste hanno raggiunto i 656 miliardi di dollari, superando sia gli investimenti diretti esteri che gli aiuti allo sviluppo. Le politiche migratorie dovrebbero, allora, mirare a riconoscere e sfruttare queste opportunità, creando percorsi migratori che rispondano alle necessità economiche e sociali sia dei migranti che dei paesi di origine.
Importante è il punto relativo al miglioramento dei dati migratori: un aspetto cruciale del rapporto è infatti l’analisi della raccolta e diffusione di dati disaggregati sui migranti, indispensabili per monitorare i progressi del GCM e progettare politiche più efficaci.
In tal senso, in relazione alle politiche da adottare, tra i mandati aggiuntivi troviamo anche raccomandazioni per la cooperazione sui migranti scomparsi e l’assistenza umanitaria, tema centrale. Dal 2014, oltre 68.000 persone sono morte o risultano disperse durante i loro viaggi, e nel solo 2023, si sono registrate circa 8.500 morti lungo le rotte migratorie, numeri che il rapporto descrive come una “crisi umanitaria intollerabile ma risolvibile” (vedi Ancora morti nel Mediterraneo e sulle rotte migratorie del mondo). Le Nazioni Unite hanno formulato raccomandazioni su come migliorare le operazioni di ricerca e salvataggio, rafforzare le risposte alle emergenze e garantire che l’assistenza umanitaria non sia ostacolata, con meccanismi che garantiscano una riduzione delle sofferenze.
Quindi, per concludere, riassumendo le raccomandazioni indirizzate alla comunità internazionale, si parla di:
- accelerare l’implementazione del GCM, attraverso piani nazionali e politiche inclusive, che coinvolgano tutti i settori della società;
- rafforzare la cooperazione internazionale per affrontare questioni critiche, come la protezione dei migranti in situazioni di crisi, la prevenzione delle perdite di vite umane e l’assistenza umanitaria;
- promuovere un cambiamento culturale, basato su narrative positive che riconoscano il contributo dei migranti alle società di accoglienza.
- utilizzare i nuovi indicatori per monitorare i progressi delle politiche migratorie e raccogliere dati disaggregati per rendere le politiche più inclusive.
Il rapporto evidenzia come la migrazione sia un tema complesso che richiede approcci coordinati, collettivi, e basati sui diritti umani. L’implementazione del GCM è vista come una risorsa fondamentale per migliorare la governance della migrazione, ridurre le vulnerabilità dei migranti e contribuire al raggiungimento degli obiettivi globali di sviluppo. Solo attraverso una cooperazione internazionale efficace e una maggiore consapevolezza dell’importanza della migrazione sarà possibile garantire un futuro più equo e sostenibile per tutti.