Chi è responsabile del riscaldamento climatico deve agire
Fonte immagine L’80% delle emissioni globali di CO2 può essere ricondotto a soli 57 produttori, afferma il rapporto – ESG News
Ufficio Policy Focsiv – I responsabili del riscaldamento climatico sono be noti, governi ed imprese che producono i combustibili fossili. Una recente ricerca ha messo in luce come siano appena 57 tra aziende e Stati i responsabili di ben l’80% delle emissioni globali di CO2 derivanti da combustibili fossili e cemento negli ultimi sette anni. Sono loro che prima negavano ed ora rallentano la transizione energetica. Sono questi governi ed imprese che dovrebbero invece agire urgentemente per cambiare la produzione di energia passando alle rinnovabili con una nuova cooperazione internazionale, in modo da ridurre i costi di vite umane nei paesi più poveri e vulnerabili.
A tal proposito riportiamo due articoli apparsi recentemente, uno di Gianluca Riccio in Solo 57 grandi enti producono l’80% di tutte le emissioni di CO2 (futuroprossimo.it) e uno di Davide Falcioni in Appena 57 società sono responsabili dell’80% delle emissioni di gas serra (fanpage.it), che riassumono alcuni principali elementi della ricerca di Influence Map.
Cinquantasette. Sembra un numero insignificante se paragonato agli 8 miliardi di abitanti del pianeta. Eppure, secondo un nuovo report del think tank InfluenceMap, nei sette anni che hanno seguito la firma dello storico Accordo di Parigi sul clima sono state immesse nell’atmosfera 251 miliardi di tonnellate di CO2. Tuttavia l’80% di questi gas serra dipende da una manciata di società: 57 colossi legati all’estrazione di petrolio, carbone, gas e cemento. Se si considerano anche imprese di taglia più piccola il panorama non cambia: l’88% delle emissioni post-Parigi arriva da appena 117 soggetti. Anzi: la maggior parte delle aziende produttrici di combustibili fossili hanno prodotto più oil&gas nei sette anni successivi all’Accordo che nei sette anni precedenti.
Lo studio di InfluenceMap si basa sul database “Carbon Majors”, creato nel 2013 da Richard Heede del Climate Accountability Institute, negli USA. Questo archivio raccoglie i dati sulla produzione di combustibili fossili di 122 tra le più grandi compagnie di petrolio, gas, carbone e cemento al mondo.
Analizzando questi numeri, il report traccia un quadro preoccupante. Nonostante gli impegni presi a Parigi, la produzione di cemento e fossili ha raggiunto livelli record, con la maggior parte della crescita delle emissioni attribuibile a un ristretto gruppo di giganti dell’industria. La mancanza di progressi da parte delle grandi aziende del settore (aggravata dall’inganno del greenwashing) costringerà il mondo a intraprendere traiettorie di decarbonizzazione sempre più ripide e stringenti per centrare l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C.
Il database “Carbon Majors” evidenzia quanto sia cruciale che aziende e Paesi siano ritenuti responsabili della loro inerzia sulla riduzione delle emissioni. Le imprese devono definire strategie chiare per allinearsi agli obiettivi di Parigi, monitorando costantemente i propri progressi.
Per affrontare questo problema, un team di ricercatori delle Università del Queensland, di Oxford e di Princeton ha sviluppato un quadro di riferimento che delinea rigorosi requisiti basati sulla scienza per tracciare i progressi delle aziende rispetto a traiettorie compatibili con la decarbonizzazione.
Applicando questo schema al database “Carbon Majors”, il team ha confrontato i “budget” di produzione di 142 compagnie di combustibili fossili con diversi scenari globali. Considerando lo scenario “middle-of-the-road“, comunemente usato dagli investitori per valutare i rischi climatici, tra il 2014 e il 2020 le aziende di carbone, petrolio e gas hanno prodotto rispettivamente il 64%, 63% e 70% in più di quanto consentito.
Nel periodo di 7 anni coperto dal report di InfluenceMap, Stati nazionali e aziende statali sono i principali responsabili di questa crescita. Non è ancora chiaro se tali entità si muoveranno verso una rendicontazione più rigorosa. In ogni caso saranno necessari ulteriori interventi governativi per centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni.
Per le società quotate in borsa, invece, nel 2023 sono stati rilasciati nuovi standard di rendicontazione climatica che dovrebbero fornire a investitori, politici e pubblico dati più trasparenti e coerenti, rendendo molto più facile valutare con precisione le performance climatiche delle aziende.
Quantificare la produzione di combustibili fossili e cemento, e le emissioni di CO2 associate, è fondamentale. Ma le aziende devono anche agire. Raggiungere la neutralità climatica riducendo le emissioni di un numero relativamente piccolo di società sarà molto più semplice che convincere 8 miliardi di persone a intraprendere un’azione collettiva.
Tuttavia, tagli così drastici devono essere accompagnati da investimenti massicci nelle energie rinnovabili, sempre più abbondanti ed economiche. Senza questi passi concreti, gli obiettivi dell’Accordo di Parigi saranno irraggiungibili, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per il nostro pianeta e la nostra stessa sopravvivenza.
In Europa 7 aziende su 10 hanno aumentato le emissioni dopo il 2016
A trainare la pattuglia degli “inquinatori” è l’Asia, dove 13 aziende su 15 (l’87%) analizzate da InfluenceMap hanno aumentato le loro emissioni dal 2016. In Medio Oriente la percentuale arriva al 70% (7 aziende su 10) e anche l’Europa ha una maggioranza assoluta di soggetti che vanno nella direzione opposta a quella stabilita a Parigi (13 aziende su 27, il 57%, hanno incrementato i gas serra prodotti). Il Nord America è l’unica regione dove la maggior parte delle aziende fossili ha rallentato (21 su 37, il 57%).
Quali sono le società più inquinanti
In testa alle aziende inquinanti svetta il colosso statunitense ExxonMobil che avrebbe prodotto 3,6 gigatonnellate di CO2 in sette anni, ovvero l’1,4% del totale globale. Seguono Shell, BP, Chevron e TotalEnergies con l’1% delle emissioni globali a testa. Dai dati risulta evidente l’aumento di emissioni legate allo sfruttamento di carbone, nonostante l’Agenzia internazionale dell’energia abbia più volte avvertito che non è possibile aprire nuovi giacimenti di petrolio e gas se il mondo deve rimanere entro i limiti stabiliti del riscaldamento globale.
“Ora sappiamo chi è responsabile del caldo letale e delle condizioni meteo estreme”
Secondo Tzeporah Berman, direttrice del programma internazionale di Stand.earth e presidente del Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. “la ricerca di Carbon Majors ci mostra esattamente chi è responsabile del caldo letale, delle condizioni meteorologiche estreme e dell’inquinamento atmosferico che stanno minacciando vite umane e devastando i nostri oceani e le nostre foreste. Queste aziende hanno realizzato profitti per miliardi di dollari negando il problema e ritardando e ostacolando la politica climatica. Stanno spendendo milioni in campagne pubblicitarie per raccontare di essere sostenibili, continuando nel contempo a investire ed incrementare l’estrazione di combustibili fossili. Questi risultati sottolineano che, più che mai, abbiamo bisogno che i nostri governi resistano a queste aziende, e abbiamo bisogno di una nuova cooperazione internazionale attraverso un Trattato sui combustibili fossili per porre fine all’espansione di gas, petrolio e carbone e garantire una transizione veramente giusta”.