Decolonizzare i finanziamenti per la giustizia climatica

Fonte immagine Bambino del popolo Paiter Surui del Brasile Credits: (kind-baum-kennedy-paiter-surui.jpg), AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI INDIGENI: L’INSCINDIBILE LEGAME TRA TERRA ANCESTRALE E DIRITTO ALLA VITA
Ufficio Policy Focsiv – Nell’ambito del grande tema della finanza per lo sviluppo e il clima, con focus sulla questione del debito internazionale e sul ruolo dell’aiuto pubblico allo sviluppo, abbiamo visto come tra i problemi principali vi sia l’emarginazione delle comunità locali indigene, come ad esempio messo in rilievo nell’articolo Accordi Debito-Per-Natura: potenzialità e sfide – Focsiv.
A tal proposito, negli ultimi anni, le comunità indigene stanno reagendo alla lentezza e all’inefficienza dei finanziamenti per proteggere la natura e il clima creando fondi autonomi per accelerare l’accesso diretto alle risorse necessarie (As donors dither, Indigenous funds seek to decolonise green finance). Nonostante la crescente domanda di finanziamenti internazionali, infatti, solo una minima parte di questi (1-2%) raggiunge direttamente le comunità. Il grafico seguente indica come i fondi siano sempre ben inferiori al miliardo di dollari, con una media di circa 400 milioni di dollari all’anno dal 2016.

Dal 2020 sono stati creati nuovi fondi, come il Mesoamerican Territorial Fund (MTF), il fondo Shandia (della Global Alliance of Territorial Communities) e il Nusantara Fund in Indonesia, per superare le barriere burocratiche, garantendo una distribuzione più rapida delle risorse e promuovendo la giustizia climatica, investendo in progetti locali anche su piccola scala legati alla sostenibilità.
Maria Pía Hernández del MTF sottolinea che questi fondi non solo mirano a garantire che il denaro raggiunga i “veri guardiani” delle foreste, ma anche a sostenere la democrazia, la governance e la sostenibilità nei territori.
Parallelamente quindi, mentre le istituzioni come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale discutono della riorganizzazione dei prestiti climatici, le comunità indigene stanno sviluppando strutture finanziarie e regole maggiormente in linea con le loro tradizioni, distaccandosi da pratiche coloniali, contro le restrizioni dei donatori del Nord Globale (vedi Maggiori finanziamenti UE per la biodiversità e i diritti dei popoli indigeni).
In Canada, ad esempio, molte comunità indigene già gestiscono impianti di energia rinnovabile, contribuendo al 20% della produzione nazionale. Joan Carling, leader indigena, sottolinea che, mettendo le comunità al centro della transizione energetica, si può raggiungere una vera equità e giustizia energetica.
Un recente rapporto ha rivelato un aumento del 36% nei finanziamenti destinati alle comunità indigene tra il 2020 e il 2023, ma l’accesso diretto rimane limitato, essendo i fondi intermediati dalle grandi aziende.
Per raggiungere l’obiettivo del Quadro Globale per la Biodiversità di proteggere il 30% delle terre e degli oceani entro il 2030, saranno necessari almeno 10 miliardi di dollari, e avere fondi gestiti direttamente dai nativi potrebbe aiutare a raggiungere più velocemente e con maggiori probabilità l’obiettivo (vedi Gli indigeni per la difesa della biodiversità). Sebbene infatti l’accordo contenga importanti obiettivi ambientali, non riconosce esplicitamente le terre e i territori indigeni come categorie distinte di aree protette, mettendo a rischio i popoli che li abitano a causa di abusi nella gestione di queste zone e del mancato riconoscimento del ruolo significativo degli autoctoni nella conservazione della biodiversità (vedi I limiti dell’accordo Cop15 sulla biodiversità).
Ritornando al Mesoamerican Territorial Fund (MTF) precedentemente menzionato, questo rappresenta un chiaro esempio del diverso approccio necessario: un approccio proattivo, che si propone di supportare le comunità locali nella preparazione delle loro richieste di sostegno, facilitando al contempo il loro accesso a tali risorse.
Il MTF sta modificando gli indicatori di successo, passando dal semplice conteggio degli ettari riforestati a parametri più complessi, come l’aumento del flusso delle risorse idriche.
Tuttavia il cambiamento continua a procedere lentamente, mentre le comunità richiedono maggiore fiducia e autonomia, in linea con la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 1989, che prevede il diritto alla partecipazione e consultazione dei popoli indigeni.