I migranti animati dalla speranza per un mondo migliore

Fonte immagine Fleeing Home, Chasing Hope: The Refugee And Migrant Experience
Ufficio Policy Focsiv – Recentemente Papa Leone si è espresso sulla questione migratoria in linea con il pontificato di Francesco e forse oltre. Papa Leone ci ricorda la speranza che anima i migranti alla ricerca di luoghi dove trovare, sicurezza, pace e giustizia. Fratelli a cui il cristiano apre le braccia dell’accoglienza, della condivisione e dell’integrazione. Mentre invece l’indifferenza o i muri mostrano la mancanza di speranza. La chiusura in sé contro la fratellanza. E’ un appello a stare con la speranza per la dignità dell’uomo. Ci vuole un cristianesimo “più aperto, più vivo e più dinamico”. Papa Leone prende decisamente le parti dei migranti, in loro vede il messaggio di Cristo, l’esperienza della liberazione e dell’amore senza confini.
Riprendiamo qui l’articolo di commento di Antonella Palermo scritto in Il Papa: no a indifferenza o discriminazione per le barche in cerca di un porto sicuro – Vatican News, mentre LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DELL’OMELIA DEL PAPA
Alla Messa per il Giubileo del mondo missionario e dei migranti, Leone XIV esorta a “continuare l’opera di Cristo nelle periferie del mondo, segnate a volte dalla guerra, dall’ingiustizia e dalla sofferenza“. E a chi grida dove sia Dio in questo tempo buio, il Pontefice invita a coltivare la fede che, sottolinea, non solo aiuta a resistere al male perseverando nel bene, ma “trasforma la nostra esistenza tanto da renderla uno strumento della salvezza”
Missionari e Migranti trovano nel Giubileo a loro oggi dedicato una saldatura molto indovinata. Li accomuna il viaggio alle frontiere. Oggi spesso queste sono segnate da discriminazione e violenza nel caso dei migranti che cercano una terra più propizia; ma si sono pure in qualche modo ravvicinate tanto da portare a dover riconsiderare, già da tempo, il senso stesso della missione come opera da spendere sempre più nei luoghi di crisi esistenziali e non ‘solo’ a latitudini estreme. Concetto chiave che riprende e sottolinea Leone XIV nell’omelia della Messa presieduta in questa domenica 5 ottobre sul sagrato della basilica di San Pietro di fronte a una piazza con quarantamila persone che la pioggia non ha dissuaso dal parteciparvi.
Continuare l’opera di Cristo nelle periferie del mondo
La vocazione missionaria nasce dal “desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo – sottolinea il Papa -, specialmente a coloro che vivono una storia difficile e ferita”. Il pensiero va subito ai “fratelli migranti”, alla paura e alla solitudine che li attraversa quando ad attraversare mari e confini insidiosi sono i loro corpi e i loro sogni. Dopo aver ribadito, come fece Papa Francesco, che tutta la Chiesa è missionaria, Leone resta nel solco tracciato dal suo predecessore e invita a “continuare l’opera di Cristo nelle periferie del mondo, segnate a volte dalla guerra, dall’ingiustizia e dalla sofferenza”.
Poi si fa interprete della grande domanda che pervade in particolare l’oggi intriso da più parti di vere e proprie carneficine. “Scenari oscuri“, dice, dinanzi ai quali riemerge l’interrogativo non estraneo alla Bibbia: “Perché, Signore sembri assente?”. E ricorda la visita di Benedetto XVI ad Auschwitz in cui il tema inevitabilmente si ripropose. Prevost afferma: La risposta del Signore, però, ci apre alla speranza. Se il profeta denuncia la forza ineluttabile del male che sembra prevalere, il Signore dal canto suo gli annuncia che tutto questo avrà un termine, una scadenza, perché la salvezza verrà e non tarderà: «Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4). C’è una vita, dunque, una nuova possibilità di vita e di salvezza che proviene dalla fede, perché essa non solo ci aiuta a resistere al male perseverando nel bene, ma trasforma la nostra esistenza tanto da renderla uno strumento della salvezza che Dio ancora oggi vuole operare nel mondo.
Le frontiere della missione non sono più quelle geografiche
Il Pontefice parla di una salvezza, quella offerta dal Vangelo, che non si impone con mezzi straordinari, “che si fa strada – precisa -, silenziosa e apparentemente inefficace”. L’atteggiamento da imitare è quello dei ‘servi inutili’ narrato nel brano del Vangelo di Luca 17, a servizio dei fratelli e non degli interessi personali. Questo è lo spirito missionario. Lo scandiva bene lo stesso Paolo VI, ricorda il Papa oggi che ne cita il Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 1971, in cui quelli che egli definiva “abissi di perplessità e di disperazione senza precedenti” si accompagnavano a vertici di progresso senza precedenti. Non molto pare cambiato, in effetti. Eppure: Oggi si apre nella storia della Chiesa un’epoca missionaria nuova. Se per lungo tempo alla missione abbiamo associato il “partire”, l’andare verso terre lontane che non avevano conosciuto il Vangelo o versavano in situazioni di povertà, oggi le frontiere della missione non sono più quelle geografiche, perché la povertà, la sofferenza e il desiderio di una speranza più grande, sono loro a venire verso di noi.
Aprire braccia e cuore a chi arriva da terre martoriate
Non si tratta tanto di “partire”, quanto invece di “restare” per annunciare il Cristo attraverso l’accoglienza, la compassione e la solidarietà, afferma il Papa che precisa il significato del restare. Non si tratta infatti di “rifugiarci nella comodità del nostro individualismo” ma di restare per “guardare in faccia coloro che arrivano da terre lontane e martoriate”. Per aprire loro le braccia e il cuore, accoglierli come fratelli, insiste Leone, “essere per loro una presenza di consolazione e speranza”.
Fratelli e sorelle, quelle barche che sperano di avvistare un porto sicuro in cui fermarsi e quegli occhi carichi di angoscia e speranza che cercano una terra ferma in cui approdare, non possono e non devono trovare la freddezza dell’indifferenza o lo stigma della discriminazione!
Si rilanci la missione per un cristianesimo più dinamico
L’appello è a tanti missionari e missionarie, a credenti laici che affiancano la pastorale migratoria, a ciascuno di noi, affinché si promuova “una nuova cultura della fraternità sul tema delle migrazioni, oltre gli stereotipi e i pregiudizi”. Il Papa chiede una rinnovata cooperazione missionaria tra le Chiese per rendere il cristianesimo “più aperto, più vivo e più dinamico“. Parallelamente la missione ‘ad gentes’ deve incontrare popoli e culture con “sacro rispetto”. Vorrei poi ricordare la bellezza e l’importanza delle vocazioni missionarie. Mi rivolgo in particolare alla Chiesa europea: oggi c’è bisogno di un nuovo slancio missionario, di laici, religiosi e presbiteri che offrano il loro servizio nelle terre di missione, di nuove proposte ed esperienze vocazionali capaci di suscitare questo desiderio, specialmente nei giovani.
Migranti, “siate i benvenuti”, al primo posto sempre la dignità
La benedizione conclusiva del Successore di Pietro si accompagna a parole di benevolenza per quanti affrontano le tante forme di una migrazione forzata. L’affidamento è a Maria nella bellissima immagine di “prima missionaria del suo Figlio, che cammina in fretta verso i monti della Giudea, portando Gesù in grembo e mettendosi al servizio di Elisabetta. Lei ci sostenga – è la preghiera del Papa -, perché ciascuno di noi diventi collaboratori del Regno di Cristo, Regno di amore, di giustizia e di pace”. Siate sempre i benvenuti! I mari e i deserti che avete attraversato, nella Scrittura sono “luoghi della salvezza”, in cui Dio si è fatto presente per salvare il suo popolo. Vi auguro di trovare questo volto di Dio nelle missionarie e nei missionari che incontrerete!
No a migrazioni forzate, a maltrattamenti perché forestieri
Sono quei migranti per i quali si levano le invocazioni nella preghiera universale affinché, “nell’accoglienza e nella condivisione dei fratelli, trovino il sostegno per un’autentica integrazione”. La supplica qui è anche per i capi delle nazioni: “Attenti ai bisogni dei più poveri, promuovano la pace ed edifichino una società più giusta e solidale”. Intanto risuona il canto di Comunione dal Salmo 33: ‘chi cerca il Signore non manca di nulla. Gli occhi del Signore sui giusti e i suoi orecchi al loro grido di aiuto’.
E risuonano ancora le parole poco prima dell’Angelus, che hanno fatto eco a quelle pronunciate nell’omelia: “Nessuno deve essere costretto a partire né sfruttato o maltrattato per la sua condizione di bisognoso o di forestiero. Al primo posto, sempre, la dignità umana!”. Lo hanno sottolineato sommessamente alcuni migranti all’inizio della Messa con un omaggio floreale in prossimità della scultura “Angels Unawares” che dal 2019 (la inaugurò Francesco in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato) campeggia in piazza san Pietro e che raffigura un gruppo di persone di diverse epoche e culture su una barca, con delle ali d’angelo che spuntano dal centro, simboleggiando la sacralità e l’ospitalità. Così come lo ha sottolineato lo stesso Leone XIV che, dopo la celebrazione eucaristica, si è concesso un lungo giro in papamobile tra i settori della piazza ancora gremita di pellegrini: nella tenerezza della benedizione e nell’affetto paterno con cui abbraccia tanti bambini il desiderio di un mondo senza muri e pienamente riconciliato.
