Lettera aperta dal Madagascar su un caso di possibile landgrabbing
Fonte immagine Tozzi Green accusata di land grabbing in Madagascar (nigrizia.it)
Ufficio Policy Focsiv – Avendo come tema di interesse l’accaparramento di terre e informato sul caso dell’istanza di alcune organizzazioni della società civile per chiedere al Punto di Contatto Nazionale dell’OCSE di mediare con l’impresa italiana Tozzi Green a causa di un suo investimento in Madagascar (Istanza italiana per un caso di land grabbing in Madagascar – Focsiv), che lederebbe i diritti delle comunità locali, riportiamo qui un articolo di Umberto Mazzantini apparso recentemente su Greenreport che riferisce del fatto che 21 organizzazioni malgasce tornano ad opporsi ai progetti di Tozzi Green finanziati da BIO e Finnfund (I crediti di carbonio e gli zebù, lettera aperta dal Madagascar al governo italiano (greenreport.it).
Il 13 ottobre 2023 ActionAid Italia, l’Associazione Collectif pour la défense des terres malgaches (Collectif TANY) e l’Associazione malgascia BIMTT avevano presentato un’istanza al Punto di Contatto Nazionale (PCN) dell’OCSE in Italia nei confronti di Tozzi Green e della sua controllata malgascia JTF che avrebbe sistematicamente ignorato i diritti fondamentali e fondiari delle comunità, occupando terreni considerati collettivi secondo le tradizioni locali. Una ricostruzione che Tozzi Green aveva definito «Falsa e incompleta» e contenente «Una serie di accuse tanto infondate quanto calunniose. Una di queste – il land grabbing, ossia l’accaparramento delle terre da parte di privati a discapito delle popolazioni malgasce – risulta particolarmente infamante se si considera che è rivolta ad un’azienda che ha sempre fatto del rispetto e del supporto allo sviluppo delle comunità locali uno dei pilastri del suo operato».
Dopo quelle accuse Tozzi Green ha pubblicato sul sui sito internet una pagina per illustrare «La correttezza del nostro operato – anche alla luce delle Linee Guida OCSE invocate dalle ONG – confutando le fake news circolate sulla vicenda» ed evidenziando le iniziative umanitarie, economiche e sportive realizzate a vantaggio delle popolazione locale.
Ma il 16 maggio scorso una coalizione* di 21 organizzazioni contadine e della società civile del Madagascar ha inviato una lettera aperta a Tozzi Green, alle banche BIO (Belgio) e Finnfund (Finlandia) e al governo italiano per denunciare «Le intimidazioni e le forti pressioni subite dagli abitanti del comune di Ambatolahy nella regione di Ihorombe in Madagascar, dove lo stato malgascio ha affittato 11.000 ettari di terreno alla multinazionale italiana Tozzi Green con due contratti di 30 anni ciascuno, uno nei comuni di Satrokala e Andiolava nel 2012 e l’altro nel 2018, si è aggiunto il comune di Ambatolahy. L’azienda afferma di aver restituito 3.900 ettari. Dopo il fallimento del progetto Jatropha nei comuni di Satrokala e Andiolava, fino al 2022, su vaste superfici dei 3 comuni, questa è stata sostituita dalla produzione di mais per l’alimentazione animale e dalla produzione di geranio per il suo olio essenziale. L’azienda ha ora deciso di sostituire le piantagioni di mais con alberi per vendere crediti di carbonio».
Rivolgendosi direttamente a Tozzi Green le ONG malgasce accusano: «Sapete che dal vostro arrivo nella regione, gli abitanti del comune di Ambatolahy si sono rifiutati di rinunciare alle loro terre. Si guadagnano da vivere grazie all’allevamento e all’agricoltura e hanno bisogno della loro terra per allevare zebù, che richiede una vasta area per il pascolo. Inoltre, dicono di avere molti figli e di dover espandere le aree che utilizzano per coltivare cibo per le loro famiglie. Oltre all’importante ruolo degli zebù nella loro vita e nelle loro tradizioni, li usano per arare il terreno».
L’impresa italiana in Madagascar è stata finanziata da diverse banche, tra le quali le banche per lo sviluppo belga BIO e finlandese Finnfund, ma le comunità di Ambatolahy sostengono che «Le attività della compagnia non hanno portato sviluppo alla maggioranza della popolazione, ma piuttosto aumentato i disagi. Le aree in cui il bestiame può spostarsi e pascolare sono ora diventate limitate. Il bestiame non gode di buona salute e non partorisce più ogni anno come prima. La penetrazione degli zebù nelle piantagioni dell’azienda ha causato diversi problemi e comportato dure sanzioni pecuniarie. Inoltre, è diventato difficile per gli zebù raggiungere i terreni coltivati per lavorare le risaie e altri campi. L’impresa aveva dichiarato che avrebbe fornito posti di lavoro alla popolazione locale, ma la maggior parte erano temporanei o addirittura giornalieri, con salari spesso pagati in ritardo. L’impresa non è riuscita a mantenere alcune delle promesse fatte per migliorare la vita della popolazione locale».
Le 21 organizzazioni malgasce autrici della lettera aperta scrivono che «il nuovo progetto dell’azienda consisterà principalmente in piantagioni di monocoltura di acacie ed eucalipto rosso che verrebbe trasformato in olio essenziale. Nell’ottobre 2023, i residenti locali hanno firmato una petizione in cui dichiaravano la loro opposizione al progetto, interpretando la quale la società sarebbe rimasta nella zona a tempo indeterminato. Successivamente, nell’aprile 2024, i leader delle associazioni lonaky (autorità tradizionali), dell’associazione dei pastori, del Comité de défense des terres e di una federazione di organizzazioni agricole hanno scritto all’Office National pour l’Environnement (ONE) affermando che non erano stati invitati alle riunioni di consultazione pubblica sul progetto e si opponevano perché sono loro che sanno dove si possono e si devono piantare alberi in modo da non danneggiare le loro zone di pascolo degli zebù. Hanno aggiunto che hanno già pianificato di collaborare con il progetto PLAE – Program de Lutte Antiérosive – che si impegna a consultare le comunità su dove farlo».
Da allora, i rappresentanti dell’impresa si sono rivolti ai lonaky e ai rappresentanti delle organizzazioni per convincerli a cambiare idea e ad accettare il progetto dell’azienda; i comandanti della gendarmeria hanno avuto colloqui individuali con 5 uomini, lonaky e leader dell’associazione, ma questi ultimi hanno mantenuto il loro rifiuto; Da una settimana il responsabile delle pubbliche relazioni di Tozzi Green è sul campo e ha condotto operazioni di persuasione insieme ad agenti della gendarmeria che avrebbero fatto da intermediari nei colloqui tra il rappresentante dell’azienda e le comunità, ma senza alcun risultato; Lunedì 13 maggio c’è stato un incontro tra il rappresentante dell’azienda e due ufficiali della gendarmeria da un lato, e le 5 persone assistite da una ventina di ray aman-dreny (anziani) dall’altro. I membri della comunità hanno confermato il loro rifiuto del progetto di piantumazione di alberi. Al termine della riunione si è convenuto che il rappresentante della società sarà responsabile della verbalizzazione. La popolazione di Ambatolahy attende ora che i verbali dell’incontro vengano firmati dai loro rappresentanti.
Le organizzazioni contadine e della società civile malgascia sono molto preoccupate per «L’interminabile prosecuzione di questo sforzo di persuasione con l’aiuto degli ufficiali della gendarmeria e per l’evoluzione della situazione. Le comunità di Ambatolahy hanno il diritto di proteggere la propria terra, la propria cultura e i propri mezzi di sussistenza. Hanno il diritto di esprimere il loro rifiuto come tutti i cittadini del mondo, e di mantenere questa posizione se corrisponde alla loro convinzione e se ritengono che un rifiuto sia appropriato, soprattutto in considerazione dei risultati delle attività dell’azienda nella loro regione nel corso di parecchi anni. Per questo motivo scriviamo e informiamo l’opinione pubblica nazionale e internazionale sulla situazione attuale e chiediamo il sostegno di tutti i cittadini in Madagascar, Italia, Belgio, Finlandia e in tutto il mondo che apprezzano la giustizia e l’equità, la libertà di pensiero e di espressione, e la capacità di esprimere liberamente le proprie opinioni senza intimidazioni o pressioni dirette o indirette».
Le 21 associazioni concludono: «Come loro stessi affermano, gli abitanti di Ambatolahy non sono contrari allo sviluppo, ma lo vogliono per la maggioranza, se non per tutta la popolazione. La loro regione soffre di siccità a causa del cambiamento climatico. Nonostante 15 anni di mercati del carbonio e di compensazione delle emissioni di carbonio, il cambiamento climatico globale non sembra rallentare. Al contrario, le sue conseguenze stanno peggiorando. Le comunità affermano di non sostenere i progetti di crediti di carbonio. Sono consapevoli dei vantaggi della riforestazione e sono pronti a piantare alberi dove ritengono che sia possibile farlo senza danneggiare lo sviluppo dell’allevamento degli zebù, le loro fonti di reddito o il futuro dei loro discendenti».
*Collectif pour la défense des terres malgaches – TANY; Solidarité des Intervenants sur le Foncier – SIF; Comité National pour l’Agriculture Familiale – CNAF; FIFATA – Association pour le Progrès des Paysans; CAP Malgascio – Réseau Conseillers Agricoles de proximité; VFTM Menabe; VFTM Vakinankaratra; Vombo Bongolava; Fikotamifi Itasy; Fimpiama Haute Matsiatra; Fagnimbona Vatovavy sy Fitovinany; Vifam Alaotra Mangoro; Ffts Sofia; Sahi Haute Matsiatra; Rova Vakinankaratra; Fifatam Amoron’i Mania; BIMTT; Coalition des Paysans de Madagascar – CPM; ONG FIANTSO Madagascar; Réseau SOA – Syndicat des Organizations Agricoles; SIF Province Fianarantsoa