L’illusione degli swap del debito
Fonte Immagine – Debt-for-Nature Swaps Are Drawing Attention, Carbon Credits Play A Role
Ufficio Policy Focsiv – Nell’ambito dell’interesse di Focsiv per la finanza per il clima e lo sviluppo (Quale finanza per il clima e lo sviluppo?), osserviamo come negli ultimi anni gli swap del debito per obiettivi climatici e di conservazione siano stati presentati come una soluzione innovativa per affrontare sia la crisi del debito che quella climatica (si veda anche Accordi Debito-Per-Natura: potenzialità e sfide – Focsiv). Tuttavia, un recente documento pubblicato dell’European Network on Debt and Development mette in discussione la loro efficacia, evidenziando rischi e limiti che potrebbero aggravare le difficoltà nei Paesi del Sud globale.
Cosa sono gli swap del debito? Sono strumenti finanziari che consentono a un governo di ristrutturare parte del proprio debito esterno, convertendo il suo rimborso in impegni verso obiettivi di sviluppo, spesso legati al clima o alla conservazione. Tuttavia, come dimostrano casi recenti, questi accordi spesso non riducono significativamente il peso del debito e non raggiungono gli obiettivi ambientali prefissati (vedi Accordi Debito-Per-Natura: potenzialità e sfide).
Entrando nel dettaglio dei limiti degli swap del debito, vediamo anzitutto il primo punto, ossia come questi solitamente riducano solo in modo marginale il debito complessivo.
Nel 2016, lo swap debito-natura delle Seychelles ha cancellato appena 8 milioni di dollari di debito, pari al 2% del totale del Paese, senza alleviare sostanzialmente l’onere finanziario complessivo. Inoltre dobbiamo considerare che, se un Paese non disponeva delle risorse necessarie per rimborsare il prestito iniziale, è poco probabile che riesca a destinare fondi adeguati agli investimenti previsti nell’accordo di permuta del debito. Ciò potrebbe tradursi in un aumento del deficit di bilancio, costringendo il Paese a ricorrere a nuovi prestiti, a sottrarre risorse ad altri settori essenziali, o addirittura ad aumentare lo sfruttamento delle risorse naturali per generare le entrate necessarie (vedi Il debito del Sud e le istituzioni finanziarie internazionali).
Poi c’è la questione del raggiungimento degli obiettivi climatici e naturalistici: molti swap falliscono nel mobilitare risorse sufficienti per gli obiettivi dichiarati. Ad esempio, nel caso dell’Ecuador, le risorse promesse per la conservazione marina sono state giudicate insufficienti e i fondi non sono stati utilizzati per progetti concreti, anche un anno dopo la firma dell’accordo. Obiettivi che, tra l’altro, sono solitamente stabiliti dai creditori, lasciando poca autonomia ai Paesi debitori, in contrasto con le esigenze locali, senza beneficio per le comunità (vedi Gli aiuti vincolati: cosa sono e a vantaggio di chi), legittimando spesso debiti illegittimi; in Belize, ad esempio, i pescatori hanno espresso preoccupazione per il potenziale impatto sui mezzi di sostentamento locali.
L’inclusione delle comunità nel processo decisionale è limitata anche dalla mancanza di trasparenza su aspetti fondamentali, come costi e commissioni, riducendo la possibilità di valutare i reali benefici di tali accordi, come reclamato dalle comunità locali in Ecuador.
A ridurre l’efficacia di questo sistema, e a peggiorare anche le crisi, concorre la lentezza, complessità e il costo elevato necessario per portare avanti queste operazioni, in contrasto con la necessità di interventi rapidi di cui i Paesi in debito necessitano. Spesso, una parte significativa delle risorse viene assorbita da commissioni e intermediari, come nel caso del Belize, dove 96 milioni di dollari su 553 sono stati spesi in costi amministrativi. In parallelo, gli swap distolgono l’attenzione dagli impegni non rispettati dei Paesi ricchi per affrontare le crisi climatica e del debito.
Nonostante i loro limiti, continuano a essere promossi da istituzioni e iniziative globali, sottraendo energie a soluzioni più efficaci e strutturali. La priorità dovrebbe, invece, essere il rispetto degli impegni finanziari del Nord globale (come quello del raggiungimento dello 0,7% del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo) e l’adozione di strategie che rispondano realmente all’urgenza delle crisi.
Quali sono, allora, le soluzioni proposte?
Anzitutto, i Paesi ricchi dovrebbero cancellare il debito per i Paesi in difficoltà, senza condizioni e con un coinvolgimento obbligatorio dei creditori privati alla ristrutturazione del debito, mentre una riforma sistemica richiede una convenzione quadro ONU sul debito sovrano (vedi Ristrutturare gli aiuti allo sviluppo). E’ necessario fornire finanziamenti climatici a fondo perduto, pubblici, accessibili, e aggiuntivi per mitigazione, adattamento e compensazione, in linea con le esigenze del Sud globale; inoltre, in caso di eventi climatici estremi, è fondamentale prevedere la sospensione immediata dei pagamenti del debito e l’erogazione di sovvenzioni per coprire perdite e danni.
Gli swap del debito, pur rappresentando un’idea accattivante, non sono sufficienti ad affrontare le crisi sistemiche del debito e del clima: è necessario che i Paesi ricchi agiscano con urgenza per garantire soluzioni strutturali e sostenibili.