Non siamo sole, siamo tutte
24 Novembre. L’appuntamento fissato alle 8 per andare a recuperare materiale che sarebbe servito per la giornata salta 15 minuti prima. La mattinata inizia con ciò che per me rappresenterebbe un passo falso; consuetudine, invece, per gli ecuadoriani (o forse sarebbe più corretto dire per gli abitanti di Lago Agrio). La concezione del tempo e della puntualità è così lontana da ciò a cui siamo abituati – in quanto europei – che nonostante si faccia fatica a renderla interamente propria, rimodellandosi ed adattandosi a tempistiche dettate da abitudini e cultura locali, ci si lascia ineluttabilmente affascinare. C’è tanta pressione per gli eventi di questi due giorni, eppure non ci si preoccupa a lasciare all’ultimo aspetti organizzativi importanti, anche se ciò significa avvicinarsi pericolosamente alla nevrastenia.
E’ così che inizia la prima delle due giornate di eventi dedicate al 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – in questa piccola cittadina in mezzo alla foresta amazzonica ecuadoriana ed al confine con la Colombia, chiamata Lago Agrio. Nella città nata negli anni ’60, la cultura locale appare tuttora dominata da una visione della donna fortemente machista, la violenza basata sul genere è particolarmente diffusa ed accettata in tutta la provincia. Nel quadro paese, nel solo 2021 in Ecuador sono stati registrati 172 femminicidi, di cui 7 transfemminicidi e 11 vittime minorenni. Nel quasi 50% dei casi le vittime conoscevano il proprio carnefice e avevano con lui un rapporto di fiducia od una relazione sentimentale. Rispetto al 2020, il tasso dei femminicidi è aumentato drasticamente di circa il 70% (dati aggiornati al 15 novembre 2021 di http://www.fundacionaldea.org/noticias-aldea/mapfeminicidionov2021, “2021 ya es el año más violento contra las mujeres y las niñas desde que se tipificó el feminicidio” — ALDEA http://www.fundacionaldea.org).
E’ in questo contesto che la Federación de Mujeres de Sucumbíos (FEDE), l’organizzazione partner locale FOCSIV presso la quale svolgo il mio servizio civile, insieme alle colleghe Laura, Claudia e Barbara, entra in campo con un lavoro di sensibilizzazione veramente ammirevole.
Per il 24 abbiamo organizzato una “vigilia” in memoria delle vittime di femminicidio e transfemminicidio in Ecuador, durante la quale si è realizzato un laboratorio interattivo “per la ricostruzione delle ali rotte ed i poteri personali delle donne diverse”. Una manifestazione rituale immersa in un’atmosfera intima, pervasa da un silenzio simbolico in memoria di chi non c’è più. L’idea del laboratorio consisteva nel permettere – a chi se la sentisse – un percorso di decostruzione e, soprattutto, rinascita, il cui simbolo per eccellenza in America Latina è la farfalla.
Come il processo di metamorfosi della farfalla – che la vede trasformare dalla condizione di bruco a quella di crisalide, prima, e farfalla, poi – il percorso cominciava da una struttura a forma di uovo, la nascita; con esperienze sensoriali di tipo olfattivo e tattile; si procedeva con l’infanzia, periodo di costruzione del proprio sé in cui si assimilano le distinzioni di genere attraverso l’esperienza diretta: la mamma come figura principale di accudimento; distinzioni cromatiche di genere; significanti di genere in giochi/attività. La fase successiva era l’adolescenza, periodo in cui si indossano le ali che più ci appartengono, è il momento in cui si prende il volo seguendo le proprie idee, conoscenze e sentimenti. E’ spesso a partire da questa fase che si incominciano a cogliere segnali di violenza – fisica o psicologica, presente o passata – con conseguenze a lungo termine, trasposizione nella realtà della metafora delle ali rotte.
Il processo si concludeva con l’ultima fase, la guarigione e la ricostruzione delle proprie ali, in cui si entra a far parte di un circolo e si sperimenta il potere delle donne vittime di violenza che guariscono se stesse ed accompagnano le altre nel processo di risanamento. Donne che recuperano i propri poteri personali e li mettono al servizio delle altre. Un percorso profondamente intimo, che porta a ritrovarsi a tu per tu con se stessi, affrontando temi scomodi, delicati e spesso anche repressi. Sole nello sviscerare le cicatrici del passato ed i dolori del presente, ma accompagnate in ogni fase del processo. La Federación de Mujeres lascia meravigliati, non mi stancherò mai di dirlo.
La giornata del 25 è stata interamente dedicata ad attività di sensibilizzazione rispetto alla violenza machista, con stand dedicati alla responsabilizzazione ed all’educazione sessuale attraverso test HIV gratis, promozione dell’uso di profilattici, incontri informativi sul diritto all’autonomia ed all’autodeterminazione e giochi per bambini destinati a mettere in discussione gli stereotipi di genere.
In seguito, una performance parecchio intensa ed emozionante da parte del gruppo di arte terapia della Federación. Nell’atto conclusivo, accompagnate dalla canzone “Me miras pero no me ves” (mi guardi ma non mi vedi) di María José Llergo, 34 donne sono scese in campo avvolte in panni verdi per una silenziosa manifestazione.
Una settimana intensa, che ci ha lasciate provate e sfiancate, ma col cuore pieno, emozionate e soddisfatte. Ed un sentimento di appartenenza sempre più forte.
Alexandra Veselin, Casco Bianco con Focsiv a Lago Agrio, Ecuador.