Pace e giustizia in Palestina, Israele e in più di 30 paesi in guerra
Fonte Immagine: INFOPAL
Ufficio Policy Focsiv: il conflitto Israelo-palestinese va ormai avanti dal 1948, ma il 7 ottobre 2023 Hamas ha aggredito Israele, scatenando così attacchi missilistici, rapimenti di civili e soprattutto un numero inimmaginabile di morti con la successiva risposta militare indiscriminata di Israele nella striscia di Gaza.
Riportiamo quindi la dichiarazione del GCAP – Global Call to Action against Poverty, di cui Focsiv è parte attraverso la piattaforma italiana, sulla guerra tra Israele e Palestina ( European People’s Assembly Declaration 2023 – Global Call to Action Against Poverty (GCAP)) nella quale si condanna senza filtri ciò che sta succedendo e si avanzano delle richieste per porre fine a questa guerra, ma anche a tutte quelle che stanno avvenendo in oltre 30 paesi del Mondo, chiedendo un contributo significativo delle Nazioni Unite, i governi e le società civili. Bisogna chiedere alla comunità globali di assumersi le responsabilità morali di sostenere i diritti umani di tutte le persone, equamente e indistintamente. (AOI alla comunità internazionale: “Cessate il fuoco, fermate l’invasione” – Focsiv)
PACE E GIUSTIZIA SONO URGENTEMENTE NECESSARIE IN PALESTINA, IN ISRAELE E IN PIÙ DI 30 PAESI IN GUERRA
La Global Call to Action Against Poverty (GCAP) chiede la fine della guerra a Gaza e in Israele,
a partire da un immediato cessate il fuoco umanitario, il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi presi da Hamas e il rispetto dei diritti umani di ogni persona a Gaza, in
Cisgiordania e in Israele, compreso il diritto alla vita con pieno accesso al cibo, all’acqua, all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Una soluzione politica duratura che garantisca pace e sicurezza per tutti – basata sulla giustizia, sul diritto internazionale e sui diritti umani, compreso il diritto all’autodeterminazione – è l’unica strada percorribile.
GCAP condanna, senza mezzi termini:
– Il brutale massacro di oltre 1200 persone perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023 e i continui attacchi missilistici contro Israele.
– Il rapimento da parte di Hamas di circa 240 persone, tra cui più di 30 bambini e 24 lavoratori immigrati dalla Thailandia.
– I bombardamenti e l’invasione sproporzionata e indiscriminata di Israele che ha fatto sfollare più di 1 milione di abitanti di Gaza, che ha ucciso circa 11.000 persone, tra cui
migliaia di bambini e anziani, ferendone altre migliaia.
– Il blocco di Gaza da parte di Israele e dell’Egitto, durato 18 anni, ha soffocato lo sviluppo sostenibile e ora limita gravemente la fornitura di cibo, acqua e beni di emergenza.
– L’espansione degli insediamenti israeliani e l’occupazione della Cisgiordania che ha
sfrattato ingiustamente i palestinesi dalle loro case, ha favorito le disuguaglianze, ha privato i palestinesi dei loro diritti economici e sociali, e ha creato una frammentazione territoriale che rende più difficile il raggiungimento di una soluzione a due Stati.
I tribunali sono le sedi in cui i crimini di guerra devono essere perseguiti, non il campo di battaglia. Tutte le parti in conflitto hanno l’obbligo legale di sostenere il diritto umanitario internazionale e i diritti umani, compresi i diritti dei bambini e delle donne. Le donne sono più esposte al rischio di sfruttamento e di violenza di genere nel corso del conflitto, mentre si stima che i bambini rappresentino il 40 per cento di tutti i morti a Gaza dall’inizio della guerra.
In un momento in cui le emozioni sono forti e la retorica è amplificata dai politici e dai canali dei social media è importante riconoscere che il sostegno ai diritti e all’autodeterminazione dei palestinesi non è antisemita. Allo stesso tempo, l’antisemitismo e l’islamofobia sono in aumento; nessuno dei due sentimenti può essere accettato o lasciato trionfare.
Una soluzione politica all’odio, alla violenza e ad una storia di discriminazioni che sembra definire le relazioni israelo-palestinesi può sembrare remota, ma la tragedia, la perdita di vite umane e il caos del momento attuale sono un appello urgente alla comunità internazionale, compresa la società civile, affinché dia priorità alla riconciliazione, alla pace e ad un percorso verso una soluzione a due Stati. Nell’intraprendere questo cammino, tutte le parti interessate, soprattutto le donne e le vedove, devono essere coinvolte in modo significativo e avere pari voce in capitolo nei processi di pace e post-conflitto. Una cultura della pace e della nonviolenza deve essere promossa attraverso l’educazione di tutte le generazioni e l’insegnamento alla risoluzione dei conflitti nelle scuole.
Se da un lato dobbiamo essere consapevoli della storia, dall’altro non dobbiamo permettere che gli orrori del passato impongano un ciclo infinito di violenza e repressione. “Non ho bisogno di vendetta, niente mi restituirà coloro che se ne sono andati”, scrive Ziv Stahl, un sopravvissuto al massacro del 7 ottobre. “Tutta la potenza militare della terra non fornirà difesa e sicurezza. Una soluzione politica è l’unica cosa pragmatica possibile – siamo obbligati a provarci, e dobbiamo iniziare questo lavoro oggi.”
Uniamoci tra generazioni, culture e nazioni per promuovere il dialogo sociale e politico,
per porre fine alla guerra e alla sofferenza e salvaguardare i diritti di tutte le persone, presenti e future.
Richieste principali
– Fine della guerra a Gaza e in Israele, a partire da un immediato cessate il fuoco umanitario.
– Rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi presi da Hamas.
– Creazione di corridoi umanitari a Gaza.
– Evacuazione immediata dei feriti gravi da Gaza verso strutture dove possano ricevere le cure mediche necessarie.
– Fine del blocco di Gaza.
– Rigorosa osservanza del diritto umanitario internazionale e rispetto dei diritti umani di ogni persona a Gaza, in Cisgiordania e in Israele, compreso il diritto di vivere in un ambiente sicuro, libero dal bisogno o dalla paura, con pieno accesso al cibo, all’acqua, all’istruzione e all’assistenza sanitaria.
– Indagare e perseguire i crimini di guerra a Gaza, in Cisgiordania e in Israele presso la
Corte penale internazionale,
– Invio di forze di pace a Gaza e in Cisgiordania.
– Una soluzione politica duratura: accelerare la riconciliazione e attuare un percorso verso una soluzione a due Stati.
In questo spirito, GCAP invita la comunità internazionale – comprese le Nazioni Unite,
i governi e la società civile – a dimostrare un’urgente determinazione a porre fine alle guerre e ai conflitti violenti che attualmente minacciano la sicurezza e il benessere di milioni di bambini, donne e uomini in più di 30 Paesi, dall’Afghanistan alla Colombia, alla Repubblica Democratica del Congo, all’Etiopia, al Myanmar, Sudan, Ucraina e Yemen.
La guerra è un attacco ai diritti delle generazioni presenti e future. Lo sviluppo non può avvenire in mezzo alla guerra e la pace non è sostenibile senza giustizia. Dobbiamo dare valore alla vita di tutti equamente, dalla culla alla tomba, sia essa israeliana, palestinese o di chi vive tra l’insicurezza e la povertà lontano dai titoli dei giornali.
La sicurezza per tutti richiede che la comunità globale si assuma la responsabilità morale di sostenere i diritti umani di tutte le persone, individuare e attuare soluzioni politiche giuste e rifiutare la forza militare.