RAPPORTO UNCTAD 2016: NO ALL’AUSTERITÁ

L’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo) ha presentato a Roma il rapporto 2016 sullo sviluppo e l’economia, da cui emerge che per evitare altri anni di stagnazione occorre dare un maggiore ruolo alla politica industriale, una politica ambiziosa e che lasci spazio agli investimenti contro le politiche di austerità.
Per rilanciare l’economia mondiale bisogna varare politiche economiche più audaci, rafforzare la regolamentazione in materia finanziaria e l’implementazione di politiche industriali. C’è necessità di una politica integrata, pensata per unire i settori più disparati, come finanza, banche, commercio, lotta alla disoccupazione, investire su giovani e migranti, tra i tanti.
Il rallentamento economico nelle economie avanzate rappresenta il maggior ostacolo alla crescita globale, ma anche i Paesi in via di sviluppo sono ormai vittime di una dinamica verso il basso. In molti paesi sviluppati, l’eccessiva austerità delle politiche di bilancio ha portato ad una delle riprese più deboli mai registrate dopo una crisi economica. Per citare alcuni dati: per la crescita globale si prevede una caduta percentuale del 2,5% in questo anno ed il commercio globale avrà una riduzione dell’1,5%.
La perdita di slancio economico nelle economie avanzate sta avendo effetti a catena sui paesi in via di sviluppo, che cresceranno in media meno del 4% quest’anno, circa 2,5 punti percentuali sotto il valore pre-crisi, comunque in Asia la crescita continua, più lenta ma costante.
Il rapporto UNCTAD avverte che i paesi in via di sviluppo sono diventati sempre più vulnerabili ai volatili mercati finanziari globali ed ai flussi speculativi di capitali, e che la deregolamentazione finanziaria nelle economie emergenti sta causando una riduzione nel rapporto tra profitto ed investimento, con conseguenze negative per la crescita economica di lungo termine.
Secondo il rapporto colmare il divario economico non sta diventando più facile per i paesi in via di sviluppo. Alcune regioni, in particolare l’Asia orientale, hanno incrementato con successo la produttività ed il reddito attraverso lo sviluppo del settore manifatturiero volto all’esportazione. Questo modello di crescita basato sulle esportazioni sembra tuttavia oggi più rischioso che in passato. La debole domanda aggregata a livello globale ha reso i mercati di esportazione più affollati e competitivi. La pressione al ribasso su prezzi e salari ha colpito anche gli esportatori asiatici di maggior successo.
L’Africa dovrebbe diversificare l’economia e dare più valore alle singole esportazioni; purtroppo i prezzi delle materie prime spesso sono fissati in Europa o comunque nelle borse finanziarie occidentali e non dall’Africa. L’utile dalle esportazioni andrebbe investito per diversificare l’economia e nella direzione di una politica industriale per la manifattura, che potrebbe dare introiti a catena anche in altri settori.
Il rapporto chiede ai leader politici di essere più pragmatici, di trarre importanti lezioni dai successi e dai fallimenti del passato. Istituzioni capaci e stabili, dotate di adeguate risorse, sono di fondamentale importanza per lo scambio d’informazioni e la creazione di fiducia. La chiave del successo sta nell’effettiva integrazione e coordinamento di politiche macroeconomiche, finanziarie, commerciali ed industriali.