StopTheWarNow: la guerra in Ucraina, agire oltre il conflitto
Si è concluso il 3 ottobre 2022, il cammino della IV Carovana di pace guidata da “Un Ponte Per” insieme al “Movimento Nonviolento” e promosso dalla rete “Stop the war now”, della cui cabina di regia FOCSIV fa parte: più di venti persone hanno fatto ritorno alle proprie case in Italia ed Europa, dopo essere state nelle città di Chernivtsi e Kiev, in Ucraina.
Partita il 26 settembre, la Carovana si è proposta di dare continuità al supporto inaugurato dalle precedenti iniziative di Stop the war now, attraverso la consegna di aiuti umanitari destinati alla popolazione civile ucraina.
Al tempo stesso, questa quarta marcia di pace si è data anche un obiettivo politico, quello di tessere rapporti di cooperazione con la locale società civile, a partire da due temi chiave: la necessità di tornare a pensare e costruire la pace in tempo di guerra, ed il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, messo in discussione tanto in Russia quanto in Ucraina. L’agenda è stata densa: ci sono stati incontri con studenti universitari, organizzazioni di volontariato, sindacati, resistenti non violenti provenienti dai territori occupati, pacifisti, istituzioni diplomatiche e professionisti del peace building.
A Chernivtsi e Kiev ad oggi non si incontra la guerra guerreggiata, ma la si percepisce guardando alle lunghissime fila di tir in attesa alle frontiere, ai sacchi di sabbia davanti alle finestre degli scantinati e delle palestre, alla carenza di medicinali nelle farmacie e soprattutto ai volti della gente, che si impegna per continuare a vivere nel mezzo di un conflitto, sotto il peso delle morti al fronte, dei bisogni degli sfollati e della minaccia di una degenerazione possibile del conflitto, anche in direzione nucleare.
Intanto, il lessico delle notizie che provengono dall’est dell’Europa si è capovolto in quello di un’epica bellica: condottieri che inseguono il male, che si lanciano alla riconquista dei territori perduti, spostando bandierine e confini sotto la spinta dei propri eroici eserciti. Sotto e sopra questo strato di pericolosa propaganda, si muove la lotta geopolitica preparata dalle parti in gioco negli ultimi trent’anni, guardando ai prossimi trenta, senza curarsi delle masse di civili e della loro paura, né del prossimo inverno che si avvicina con il suo carico di inflazione, fame e freddo. Dietro la grande storia, infatti, matura la grande stanchezza degli animi, che chiedono che tutto questo finisca. Suonano gli allarmi aerei, oramai nell’indifferenza generale, ed intanto arrivano le chiamate alle armi per tutta la popolazione civile.
Questo carosello di ragionamenti sugli equilibri geopolitici, di pensieri, di sentimenti, si arresta muto all’improvviso, guardando al volto di un ragazzo di vent’anni, che dovrebbe concentrarsi sugli esami universitari o nella ricerca del lavoro, che dovrebbe scrivere poesie o abbracciare la persona amata in un cinema e che finisce, invece, sotto i colpi del fuoco nemico o in una bara, lasciando dietro di sé una bandierina con il proprio nome, tra migliaia di bandierine simili, piantata in un prato della capitale.
Fuori da ogni retorica, è evidente che non è facile costruire la pace; non è facile neppure scegliere di costruirla. Ciononostante è necessario e razionale farlo. Renato, Alfio, Antonio, Carlo, Caterina, Daniele, Fabio, Francesco, Lucrezia, Luigi, Mao, Marco, Mario, Mohamed, Rosita, Serena, Vaclav ed i tanti che hanno preso parte a questa Carovana, con il supporto delle loro organizzazioni, hanno scelto di non voltarsi dall’altra parte, ma di essere attenti, di partecipare con pudore, rispetto, ma con decisione, a questa sfida che ci pone il nostro tempo: quella di portare il pensiero e l’azione oltre il conflitto, in direzione del buonsenso e della pace.
Dunque, sì, si è concluso il cammino della IV Carovana di pace, ma non si arresta il lavoro della rete di Stop the war now: molto c’è da fare per prepararsi alla stagione invernale, raccogliendo fondi ed aiuti umanitari, ma molto di più c’è da fare in questo inverno della storia europea per non perdere noi stessi o, come si sarebbe detto un tempo, il nostro esprit.
Il grande afflusso di aiuti umanitari, che ha raggiunto i civili in Ucraina sin dalle prime ore del conflitto, sta declinando rapidamente, proprio ora mentre le necessità di cibo, abbigliamento, riscaldamento, medicine aumentano: è importante continuare a donare e far sentire la nostra solidarietà alle persone che subiscono il conflitto.
In secondo luogo, diventa urgente, in quanto cittadini europei e globali, sollecitare un dialogo tra le parti, coinvolgendo i gruppi che non si trovano a proprio agio con questa guerra in Russia o con l’uso delle armi in Ucraina, così come nel resto di Europa, per fermare immediatamente la folle corsa agli armamenti. Tutti, infatti, corriamo il rischio di perdere la pace, se deleghiamo ad altri la decisione su questi temi.
Fa parte di questa sfida anche la necessità di pensare a canali di trasferimento e protezione per gli obiettori di coscienza russi ed ucraini: per farlo non dobbiamo inventare nulla di nuovo. Bisogna ripartire dai fondamenti giuridici dell’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che sancisce il diritto di ciascun individuo a lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, dall’articolo 10 della Costituzione italiana che tutela lo straniero a cui non siano garantite le libertà democratiche nel proprio Paese ed, infine, laddove necessario, fare ricorso all’art. 25 del Regolamento CE 810/2009 (c.d. Codice dei Visti) per attivare visti umanitari a validità territoriale limitata e facilitare il trasferimento degli obiettori di coscienza nel nostro Paese.
Se vogliamo un futuro all’insegna delle autentiche libertà, sicurezza e giustizia – e non solo per l’Unione Europea -, abbiamo il dovere morale di lasciarci coinvolgere e coinvolgere sempre più persone nel rifiuto della risoluzione armata delle controversie internazionali. Esserci in questa battaglia culturale importa, essere presenti in Ucraina importa, portare avanti i temi del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, della difesa non armata e nonviolenta, così come della promozione della pace tra i popoli e gli Stati importa. Ed importa ora più che mai.