Una legge per il clima coerente con la cooperazione allo sviluppo
Di Andrea Stocchiero, FOCSIV
Se vogliamo essere coerenti tra le nostre politiche per garantire una vita dignitosa per tutte e tutti al nord come al sud del mondo, di fronte alla sfida epocale del cambiamento climatico, è necessario che l’Italia si doti di una legge sul clima assieme a una rafforzata cooperazione allo sviluppo sostenibile, in una visione globale.
Proteggere le comunità più vulnerabili del Sud del mondo dipende tanto da una politica climatica italiana ed europea più seria e urgente per la riduzione delle emissioni di gas serra, quanto da una politica di cooperazione capace di appoggiare i piani di adattamento locali nei Paesi più poveri con misure di mitigazione delle emissioni a partire, ad esempio, dalla adozione di modelli agroecologici. Così come proposto con la Campagna 070 .
Una legge climatica seria contribuirebbe a ridurre i costi umani e ambientali nel mondo, gli sfollamenti e le migrazioni climatiche, aprendo nuove opportunità di miglioramento della vita. E per avere più effetto è indispensabile una cooperazione capace di contribuire alla riduzione delle disuguaglianze (vedi il rapporto tra disuguaglianze economiche ed ecologiche), e a migliorare le condizioni di vita di tutte e tutti. La transizione ecologia è assieme sociale ed economica. La questione è complessa e va considerata con un pensiero olistico e con la necessaria coerenza.
Questo approccio è stato sostenuto durante un incontro con i parlamentari che il Think Tank Ecco ha organizzato lunedì 13 dicembre per promuovere una legge italiana per il clima. L’On.le Rossella Muroni con Maria Grazia Midulla del WWF a nome di diverse associazioni ambientaliste, hanno motivato perché l’Italia si dovrebbe dotare di una legge per il clima.
Una prima motivazione è la necessità di dotarsi urgentemente di una governance per la protezione del clima più ampia, che leghi visione e azione, con misure e tempi ben stabiliti per raggiungere gli obiettivi previsti entro il 2030 e il 2050, per la decarbonizzazione e quindi per limitare il riscaldamento a 1,5° centigradi come previsto dalle Nazioni Unite. Questa legge orienterebbe la revisione del piano nazionale su energia e clima, cambiando la prospettiva attuale focalizzata sul gas (che è pur sempre un combustibile fossile) a favore delle energie rinnovabili e dell’efficientamento energetico, eliminando progressivamente i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili.
E’ urgente la legge per cambiare il passo, considerando che occorre abbattere 200 milioni di tonnellate di carbonio nei prossimi 10 anni, ci vuole radicalità nell’approccio per agire sula radice dei problemi, per non peggiorare fenomeni metereologici disastrosi, l’erosione costiera, la fusione dei ghiacciai, per proteggere le comunità più vulnerabili.
Non si dovrebbe trattare di una ennesima legge quadro “vetrina”, ma di una norma che definisce misure e processi di verifica concreti. La legge dovrebbe stabilire il “carbon budget” diviso per settori, in modo da sapere quanto sarà possibile emettere settore per settore. Tutti i settori devono impegnarsi in un quadro coerente di transizione energetica. Secondo l’On.le Alessia Rotta, presidente della Commissione ambiente della Camera, la misurazione è indispensabile per gestire l’azione, vi sono le capacità, ma è da rafforzare la modellistica e gli scenari per dare alla politica visioni, urgenze e opportunità.
Questo è necessario anche con riferimento al piano nazionale ripresa e resilienza, per il quale la Commissione europea rilascerà i finanziamenti solo se saranno raggiunti i traguardi intermedi previsti, come ricordato da Antonio Parenti della rappresentanza della Commissione europea in Italia. La definizione di scenari e di traguardi è inoltre necessaria per dare al settore privato certezze sugli investimenti possibili nel futuro, come sostenuto dall’On.le Silvia Fregolent.
La legge dovrebbe dotarsi di un comitato tecnico scientifico: la partecipazione della scienza è indispensabile per capire quali sfide devono essere affrontate e quali misure potrebbero essere prese, proponendo i carbon budget per i diversi settori. A questo proposito, Alessandro Bratti, direttore generale di ISPRA, ha evidenziato come sia importante coinvolgere gli enti di ricerca pubblici, come ISPRA, ENEA, il CNR, che offrono un capitale di conoscenza di primo livello.
Altra motivazione importante è il coinvolgimento dei cittadini e dei territori. La lotta al cambiamento climatico deve diventare una priorità sociale. La partecipazione dei cittadini e dei territori nella transizione è essenziale non solo per capire come rispondere ai costi ma soprattutto per aprire nuove opportunità, per immaginare la transizione in chiave positiva e con maggiore equità. La transizione può diventare, anzi, deve diventare una occasione storica per una società migliore. La transizione deve avere una dimensione sociale e culturale. Diversi parlamentari, tra cui l’On.le Tullio Patassini, hanno sottolineato l’esigenza di equità. E questa chiave di speranza nel cambiamento è stata particolarmente avanzata da Giacomo Zattini del movimento Fridays for Future.
La legge dovrebbe coinvolgere attivamente tutte le forze politiche, deve fondarsi su una consapevolezza trasversale, andando oltre visioni aprioristiche. Il Parlamento deve avere centralità e esercitare la funzione di controllo come ad esempio è stato con il monitoraggio sull’applicazione della legge sugli ecoreati grazie alla presenza di indicatori adeguati. La senatrice Loredana De Petris ha sottolineato come la discussione della legge per il clima possa costituire una grande occasione per il Parlamento di riacquisizione di una centralità istituzionale.
La legge è indispensabile per rendere le politiche coerenti tra di loro, per mettere ordine alle decine di piani e strategie scritte in questi ultimi anni, ma in modo separato e non coordinato. Non basta un ministero come quello per la transizione ecologica o alcuni comitati interministeriali. Occorre una mandato chiaro espresso da una legge per il clima che dia un ordine e promuova una coerenza nuova tra politiche energetiche, industriali, agricole, digitali, così come sociali e ambientali. La questione climatica deve essere incardinata in tutte le politiche così come il principio di equità.
L’esigenza di razionalizzare, di mettere ordine tra molti piani e strategie è stata sottolineata anche da Renzo Tomellini a capo della segreteria tecnica del MiTE, che ha sostenuto comunque l’importanza del Comitato interministeriale per la transizione ecologica e del piano per la transizione ecologica ora in discussione in Parlamento. Mentre Bratti di ISPRA ha ricordato come la stratificazione di diverse leggi porti alla paralisi, e come le leggi siano inutili se non sono seguite da chiari decreti attuativi.
La legge è un dovere morale verso le prossime generazioni. A tal proposito Giacomo Zattini di Fridays for Future ha affermato che la questione è sì di giustizia intergenerazionale, ma come gli effetti del cambiamento climatico impattino già duramente oggi su tutti. La sfida non è solo delle nuove generazioni ma di tutte le comunità vulnerabili. Purtroppo le scelte in corso non sono adeguate e i movimenti giovanili hanno l’ambizione di aiutare i politici a fare le scelte giuste.
Nel dibattito, oltre le attuali polemiche sul ruolo del nucleare, sono state evidenziate alcune questioni rilevanti.
L’On.le Patty L’abbate, ad esempio, ha evidenziato come sia importante un coordinamento internazionale tra le leggi climatiche. Diversi paesi europei le hanno adottate (Germania, Francia, Olanda, paesi scandinavi, Spagna e tra poco Grecia), ma è necessaria una armonizzazione europea e oltre, per evitare competizioni inique tra sistemi nazionali con effetti di delocalizzazione di attività produttive.
Infine, Matteo Leonardi del Think Tank Ecco ha sostenuto che la legge per il clima è indispensabile e urgente per superare le inerzie del sistema, e per aprire un vero dibattito pubblico per andare oltre il tradizionale bilanciamento e conservazione degli interessi costituiti. Ci vuole una responsabilità collettiva per il cambiamento, e la legge può rappresentare un grande momento di condivisione istituzionale e pubblica.
Un condivisione, aggiungiamo, che deve superare una visione chiusa all’Italia, per comprendere una visione globale guardando al ruolo della politica di cooperazione allo sviluppo, perché una legge sul clima nazionale in un mondo interconnesso, senza cooperazione, ha un impatto limitato.