Una storia di umiltà

L’età anagrafica nel suo caso non conta, Marian è un ragazzo, è un bambino ed è anche un adulto. Ha undici anni ma è una specie di genitore per suo nipote che ne ha cinque. Frequenta il centro educativo Pinocchio ogni pomeriggio, dove gioca a calcio con i suoi coetanei, ed ha un sogno da bambino da realizzare: diventare un allenatore. Vive in una casa di paglia impastata con la terra, in una vallata che, quando piove, diventa scivolosa, pericolosa e sporca dove l’infanzia di un bambino è difficile; ma Marian è un adulto e lì ci ha passato la sua vita, ci è abituato.
I suoi sguardi raccontano la sua storia, la sua personalità infantile e matura al tempo stesso, i contrasti che sono parte di lui; quasi mai traspare serenità. I brutti pensieri incupiscono il suo viso, diventa serio e rispecchia la guerra che si consuma nei suoi trenta chili di pelle e ossa. Vengono a galla i suoi ruoli che convivono ma si sfidano, bambino e adulto, genitore e fratello. Sono dualità che forse vivono tutti, ma non tutti le vivono a undici anni.
Quando il centro chiude e si deve prendere la strada di casa, Marian controlla che Manu abbia preso tutte le sue cose e lo aspetta impaziente alla porta del cancello, rimproverandolo perché è sempre l’ultimo ad uscire, ma lo aspetterà anche il giorno dopo e anche Manu aspetterà Marian con la testa tra le mani che finisce gli allenamenti di calcio al centro.
Il centro Pinocchio è la seconda casa di Marian o forse la prima, il suo unico pasto, la palla che sostituisce la bottiglia di plastica con cui si allena a calcio, l’affetto e le attenzioni che nessuno gli dedica quando torna a casa sua. Il centro è anche la possibilità di imparare a scrivere, a leggere e a contare, perché Marian ha undici anni ma non lo sa come si fa. È curioso, ha una grande voglia di imparare, è bravissimo in matematica ma nessuno lo ha mai svegliato la mattina per andare a scuola, nessuno guarda Manu se lui si allontana. Se gli dai le tabelline le impara a memoria in tre giorni e lo fa mentre gli altri giocano, lo fa durante la merenda tanto che il foglio si è logorato a forza di essere cacciato e rimesso nella tasca, e lui a scuola ha forse perso la possibilità di andarci.
In una storia in cui si distorce e si contorce il significato di essere bambino, quando la natura non rispetta i suoi tempi, si crea il paradosso: nasce e cresce in una realtà ostile un bambino che non vive la sua infanzia, non si gode gli anni migliori, brucia tutte le tappe e diventa uomo troppo in fretta, è la storia di Marian e dei suoi occhi piccoli ed espressivi che raccontano che vuol dire avere undici anni, ma solo in senso anagrafico.
Valentina, Casco Bianco con IBO Italia a Panciu, Romania.
Questo è il secondo degli otto appuntamenti in cui condivideremo i racconti dei volontari IBO Italia, tratta dalla raccolta “Frammenti Volontari”, grazie al lavoro di Alessandro Caselli, volontario ESC (European Solidarity Corps). QUI per scaricare il libro completo.