Uno sguardo dal cuore del compound
È incredibile pensare che, fino a poco tempo fa, non sapevo neanche dove si trovasse il Sud Sudan, figuriamoci il nome della sua capitale, Juba! A dire il vero, non sapevo quasi nulla di questo Paese fino a quando, a gennaio, ho letto il bando per il Servizio Civile Universale. Mi sono iscritta davvero all’ultimo minuto, spinta dalla notizia che il bando era stato prorogato di una settimana. Con la laurea in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie a soli tre mesi di distanza, mi sono detta: “Perché no?”. Dopo aver esaminato una trentina di progetti, ho trovato quello che sembrava fatto apposta per me.
Non sapevo praticamente nulla del Sud Sudan, né della situazione socio-politica del Paese. Come fisioterapista, il mondo della “cooperazione internazionale” mi era del tutto sconosciuto. Ma la mia curiosità ha prevalso, e ho pensato: “Deve essere un’esperienza interessante”. Dopo aver deciso di partecipare, ho contattato la responsabile SCU, che mi ha messo subito in guardia: “La situazione non è così semplice. Ci sono molte regole e non si può uscire facilmente dal compound, c’è il coprifuoco”. Questa informazione non mi ha scoraggiato, anzi! Devo però ammettere che, all’epoca, non avevo nemmeno idea di cosa fosse un compound. Dopo la telefonata, l’ho subito cercato su internet, e Wikipedia mi ha spiegato che, in ambito militare, “un compound è un edificio o gruppo di edifici delimitati da una recinzione più o meno alta o ancora maggiormente difesi a fortificazione”.
Non avevo assolutamente idea di dove sarei finita, ma ero comunque entusiasta all’idea di scoprire un nuovo pezzetto di mondo. Dopotutto, il progetto parlava di un centro riabilitativo, di educazione inclusiva e di un’Università di Scienze Riabilitative. Tutte attività che, in un modo o nell’altro, fanno parte del mio background. Così, con un mix di entusiasmo e incoscienza, ho deciso di buttarmi a capofitto in questa avventura! Ed eccomi qui, qualche mese dopo, a vivere all’interno di un compound!
Il cuore di questo compound è il Centro di Riabilitazione Usratuna. Qui, le famiglie vengono accolte da assistenti sociali che raccolgono informazioni e bisogni, per poi stilare un piano riabilitativo su misura per ogni paziente. Il centro offre servizi di fisioterapia, logopedia e terapia occupazionale. Accanto al centro c’è l’Officina Ortopedica, dove vengono prodotti e riparati ausili e ortesi per chi ne ha bisogno. Non manca un Centro di Salute dove vengono offerti vari servizi, tra cui laboratori di analisi, ecografie prenatali e assistenza pre e post-natale. Un altro servizio unico è quello dedicato all’epilessia.
All’interno del compound c’è anche una Pre-scuola per bambini con disabilità, dove, oltre all’istruzione, viene garantito un pasto quotidiano. Da qualche anno, è stata creata una classe per bambini con difficoltà uditive, dove si insegna anche il linguaggio dei segni, coinvolgendo non solo i bambini, ma anche le loro famiglie e insegnanti. Infine, c’è la Scuola di Scienze Riabilitative, nata nel 2008 e attiva dal 2009. Qui, fisioterapisti e insegnanti vengono formati per poi essere inseriti nel sistema educativo e sanitario del paese.
In conclusione, in questo primo periodo a Juba, ho avuto la possibilità di ambientarmi e di esplorare questa nuova realtà. Questa esperienza sta avendo un impatto significativo su di me, offrendomi nuove prospettive e opportunità di crescita personale, nonostante sia solo all’inizio.
Sono davvero grata per l’opportunità di vivere e lavorare in un contesto così unico. Ogni giorno qui è una nuova occasione di apprendimento e riflessione, e sono entusiasta di scoprire come questa esperienza continuerà a influenzare il mio percorso di vita.
Zoe Menaspà, Casco Bianco con OVCI a Juba, Sud Sudan.