L’iniquità sociale climatica

Fonte immagine Will COP30 foster human and social development? – Edinburgh Impact
Ufficio Policy Focsiv – La morsa dell’iniquità sociale climatica. La COP30 deve resistere alla cattura politica e delle élite, smascherare le bugie dei fossili e dare priorità alle persone rispetto ai profitti. È tempo di realismo climatico e di un reset delle quote equo-solidali.
Questi i messaggi principali del rapporto 2025 della società civile sull’equità lanciato alla COP30 – Civil Society Equity Review, e firmato anche da Focsiv (The 2025 Civil Society Equity Review Report Launch @ COP30 — Civil Society Equity Review). Il report è scaricabile qui. Dopo quello dell’anno scorso (Equità e giustizia climatica per la COP29. – Focsiv) il nuovo rapporto emette un verdetto crudo: tre decenni dopo il Vertice della Terra di Rio e un decennio dopo l’Accordo di Parigi, i governi stanno ancora proteggendo i profitti rispetto alle persone – protetti dalla cattura delle élite e dalla disinformazione sui combustibili fossili.
La cooperazione sul clima si sta rompendo e la COP30 deve fornire un’equa ripartizione degli impegni sul clima radicata nella giustizia, non nell’avidità. Il rapporto mostra che i Paesi del Nord globale non sono riusciti a ridurre le emissioni e continuano a espandere il petrolio e il gas, non mantenendo i finanziamenti promessi. Anche il sistema finanziario globale sta fallendo: invece di fornire fondi pubblici nella misura necessaria, intrappola molti Paesi nel debito e nella dipendenza.
Sebbene il Sud del mondo sia più vicino a soddisfare la sua giusta quota di emissioni di gas serra, deve ancora intraprendere un’azione climatica più efficace, ma è troppo spesso frenato dal debito e dalla mancanza di fondi.
La cooperazione sul clima è paralizzata e gli obiettivi globali rimarranno irraggiungibili a meno che la COP30 non dia una svolta, passando dai prestiti alle sovvenzioni, dalla finanza orientata al profitto al sostegno pubblico che consente ai Paesi di investire in energia pulita, resilienza e occupazione.
Il crollo delle ambizioni alla COP29 di Baku ha lasciato la fiducia in rovina e la cooperazione in stallo. Le richieste del Sud globale di trilioni di finanziamenti pubblici reali sono state accolte con promesse simboliche e false contabilizzazioni, lasciando le nazioni più povere intrappolate tra debiti e disastri. La COP30 di Belém è quindi molto più di un altro negoziato: è un’occasione per ricostruire la fiducia, realizzare quote eque e mantenere viva l’ambizione climatica.
Il rapporto avverte anche che la disuguaglianza all’interno dei Paesi stia guidando la crisi. I ricchi globali possono proteggersi da molti impatti climatici, mentre scaricano i costi della transizione e dei disastri sui lavoratori e sui sistemi pubblici sovraccarichi. La cattura da parte delle élite – in particolare da parte degli interessi dei combustibili fossili – di processi politici cruciali sta aggravando le ingiustizie, alimentando la paralisi politica e bloccando l’azione più forte necessaria per mantenerci entro i limiti climatici. Questa paralisi si estende ai conflitti militarizzati che distolgono trilioni di euro dall’azione per il clima: la COP30 deve reindirizzare queste risorse verso la pace e un’autentica cooperazione multilaterale.
Di fronte a questo fallimento sistemico, l’approccio incrementale è obsoleto. La COP30 deve affrontare questa realtà politica con un nuovo realismo climatico – che spinga verso un rapido cambiamento trasformativo ancorato all’equità, alla giustizia e alla cooperazione. Il fallimento climatico non è dovuto alla mancanza di ambizione, ma all’ingiustizia. La COP30 deve dimostrare che ambizione e giustizia non sono opposte ma inseparabili: solo una condivisione equa può sbloccare la portata dell’azione necessaria.
Cosa deve fare la COP30.
Il rapporto individua tre svolte che la COP30 deve realizzare:
- NDC (i contributi nazionali determinati) equamente condivisi: impegni chiari sui finanziamenti e sull’eliminazione dei combustibili fossili.
- Un reset finanziario: una revisione radicale dell’architettura finanziaria internazionale, passando dal debito e dai prestiti a un sostanziale sostegno pubblico basato sulle sovvenzioni, compresa la cancellazione del debito e la tassazione globale.
- Quadri di transizione giusti: mettere al centro i lavoratori, le donne, i giovani e le popolazioni indigene, interrompere la cattura delle élite attraverso tasse progressive e cambiamenti economici a zero emissioni di carbonio, riorientando al contempo le risorse militarizzate verso la pace, la cooperazione, il rafforzamento delle istituzioni democratiche e del diritto dei diritti umani, con la protezione di posti di lavoro, scuole, sanità, alloggi e trasporti.