CON LA CRISI CROLLA L’INTEGRAZIONE DEI MIGRANTI NEL NORD-EST MENTRE TENGONO I PICCOLI CENTRI
Il 18 Luglio u.s.è stato presentato a Roma il “IX Rapporto sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia”, curato dal CNEL, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – DG Immigrazione e Politiche di Integrazione. All’incontro hanno partecipato il Vice Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra oltre al Presidente del Cnel, Antonio Marzano, e al Presidente Delegato ONC-CNEL, Giorgio Alessandrini. L’illustrazione della ricerca è stata affidata a Luca Di Sciullo, del Centro Studi e Ricerche IDOS.
Il Rapporto, presentato alla Stampa, alle Isitituzioni e alle Associazioni misura sia il grado di attrattività che province, regioni e grandi aree nazionali esercitano sulla popolazione straniera presente in Italia, sia il “potenziale di integrazione” proprio di ciascuno di questi contesti territoriali. Ed è questo l’indice che più conta, il “potenziale di integrazione”, costruito su un insieme di fattori che riguardano l’inserimento sociale e occupazionale degli immigrati, in grado di condizionare, in positivo o in negativo, l’avvio e lo svolgimento dei processi di integrazione all’interno di ogni contesto locale.
L’attuale crisi economico – finanziaria sta cambiando stili di vita e distribuzione delle risorse, ed ha abbassato i livelli di crescita, occupazione e coesione sociale nel paese. Questo processo ha dirette conseguenze sui livelli di integrazione degli immigrati in Italia. Cambiano, abbassandosi notevolmente, i livelli di occupazione e integrazione degli immigrati rispetto allo scorso anno e questo porta ad una profonda crisi della coesione sociale. In generale il Rapporto registra un deciso abbassamento degli indici di integrazione sociale ed occupazionale ed un ancor più significativo abbassamento del potenziale di integrazione e attrattività espresso dai territori, con gravi conseguenze per occupazione, integrazione e coesione sociale.
Tra le regioni in testa c’è il Piemonte, tra le province Macerata domina su tutte. Anche Mantova e Imperia si collocano ai primi posti della graduatoria contenuta nel Rapporto. Questi infatti sono i luoghi più “ospitali” d’Italia. Maglia nera invece per la Calabria e le province di Foggia e Ragusa. In sintesi: per effetto della crisi, crolla il Nord Est nella capacità d’accoglienza, regge l’urto l’Emilia Romagna, tengono anche Nord Ovest e piccole realtà del Centro Italia.
Chi attrae più immigrati. Tra le regioni, il grado maggiore di attrattività (basato su numero di immigrati residenti, loro densità e stabilità) è ancora detenuto dalla Lombardia, che supera di gran lunga Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Piemonte, Liguria. Tra le province, la massima attrattività spetta a Brescia che, rispetto al 2009, sorpassa Prato, dovuto “al fatto che molti cinesi stanno effettivamente abbandonando l’area pratese, nella quale da tempo si erano stabiliti numerosi per impiantarvi le proprie attività imprenditoriali, spostandosi in altre zone del Paese”.
Integrazione. In testa il Piemonte. Il Rapporto attesta che la regione a più alto potenziale di integrazione (sulla base degli indicatori di integrazione occupazionale e sociale) degli immigrati è oggi il Piemonte (nel 2009 era il Friuli Venezia Giulia). Seguono: Emilia Romagna, Liguria, Friuli, Abruzzo, Marche. Ultime: Puglia e Calabria. Tra le province, in testa ci sono Macerata, Mantova, Imperia e Pistoia. Ultime: Crotone, Ragusa e Foggia. In generale, le condizioni sono più facili nei piccoli centri: “Le condizioni di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati, che determinano il potenziale di integrazione di un territorio – si legge nel Rapporto Cnel – sono migliori in contesti più ristretti e a bassa complessità sociale, ovvero in territori che non fanno capo ad aree urbane particolarmente estese o a realtà metropolitane”.
Il crollo del Nord Est. Si nota inoltre come tutto il Nord Est – ad eccezione dell’Emilia Romagna – ha conosciuto in due anni una notevole contrazione del proprio potenziale di integrazione. Un esempio: il Veneto passa dal quarto al tredicesimo posto nella classifica generale. Il fenomeno è dovuto agli effetti della profonda crisi economica che ha colpito il paese, con conseguente diminuzione del potenziale di integrazione dei vari territori. La particolare struttura economica dell’area del nord – est, formata da un tessuto imprenditoriale medio-piccolo, che è quello maggiormente colpito dalla crisi, spiega il drastico abbassamento del potenziale di integrazione dell’area. Non solo. Rispetto al 2009, il Rapporto denuncia come “in Italia le condizioni di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati (come, del resto, degli italiani) hanno conosciuto un generale e diffuso peggioramento”. Le conseguenze di questo sulla coesione sociale sono drammatiche.
Ecco perché, come sottolineano efficacemente sia il Ministro per l’integrazione Cecile Kienge, sia Vice Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra, intervenute alla presentazione del Rapporto, è fondamentale che si guardi ai diversi aspetti del fenomeno migratorio in modo integrato e correlato, in modo da poter attivare le diverse politiche in modo coerente e complessivo. E’ necessario e non più eludibile che si elaborino politiche di sistema che affrontino il fenomeno migratorio in chiave di integrazione, inclusione, accoglienza, e coesione sociale.
In allegato: Nota redatta a margine della Presentazione del IX Rapporto.
Versione integrale del IX Rapporto CNEL sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia