Gli scalabriniani: prestiti sul cellulare e una borsa lavoro per ricominciare
L’articolo di Luca Geronico su Avvenire del 16 maggio sull’impegno degli scalabrinani a Città del Capo per far fronte alla pandemia di coronavirus.
Arrivano quasi tutti con i pulmini privati, unico mezzo di trasporto popolare. Lo “Scalabrini center” è nel centro di Città del Capo, di fronte al parlamento: fare decine di chilometri sfidando il distanziamento fisico, la sola forma di sopravvivenza.
«Chi vive nella township, le baraccopoli, vive di economia informale: le misure di sicurezza hanno fermato tutto», spiega padre Filippo Ferraro. Gli “spaza”, i negozietti che sorgono come funghi lungo le strade, sono stati fatti sgombrare e chi lavora nella “security”, come metronotte, gli addetti alla pulizia e i muratori sono rimasti a casa.
Le “township” sono tutte in “zona rossa”. Difficile coniugare distanziamento fisico con l’assistenza «Chi era già in contatto con noi ha potuto ricevere sul suo cellulare piccole somme di denaro per l’affitto o compare del cibo», spiega il direttore dello Scalabrini center. Più macchinosa la distribuzione di pacchi alimentari a chi, nel bisogno, non era già censito ma il personale del “center” e una rete di volontari ce l’hanno fatta. Aiuti giunti grazie alla campagna “Una sola casa” promossa da Ascs (ong Focsiv) nell’emergenza Covid-19. La sfida, spiega l’Agenzia scalabriniana cooperazione e sviluppo, è di creare borse lavoro per dare una chance a chi ha perso tutto. (L.Ger.)