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Home News Comunicati stampa TTIP: un’opportunità da non perdere o un disastro evitabile?

TTIP: un’opportunità da non perdere o un disastro evitabile?

Daniela - Ufficio Policy
20 Maggio 2016
Comunicati stampa, News

Un dibattito interessante e acceso tra rappresentanti dell’Unione Europea, del mondo imprenditoriale, delle associazioni di categoria e della società civile ha fatto luce sui punti di forza e di debolezza dell’accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti.

Uno degli aspetti positivi di questa fase negoziale del TTIP, il partenariato transatlantico su commercio e investimenti, è che la grande mobilitazione dal basso tramite la campagna STOP TTIP e  la pubblicazione dei documenti riservati da parte di Green Peace ha aumentato in maniera esponenziale l’interesse nei confronti di questo accordo da parte di tutti gli attori della società civile e politica. Ne è certo Luca De Carli, Policy Officer presso la Commissione Europea (DG Trade) e negoziatore del TTIP, il quale il 18 maggio, presso la Rappresentanza italiana della Commissione Europea, si è trovato a dover rispondere ad una serie di richieste di delucidazioni provenienti da un pubblico composito.

Che cos’è il TTIP e a che punto siamo con i negoziati? Il TTIP è un accordo commerciale tra UE e USA, un accordo di libero scambio come molti altri già esistenti, con la peculiarità che è bilaterale e riguarda le due più grandi potenze economiche del mondo. L’accordo è costituito da tre pilastri:

  • Accesso al mercato ossia, dal punto di vista nei negoziatori europei, aiutare le imprese ad accedere più facilmente ai mercati dall’altra parte dell’Atlantico. Per raggiungere quest’ obiettivo sono previsti 4 strumenti:
  • Abolire o ridurre i dazi doganali sulle merci importate/esportate negli USA
  • Agevolare la vendita dei servizi nel mercato USA
  • Permettere alle aziende di partecipare a gare d’appalto pubbliche negli USA
  • Concordare norme che determinano la provenienza di un prodotto

Dal punto di vista dei negoziati sembra che si sia raggiunto un accordo per quanto riguarda la riduzione dei dazi doganali che le parti intendono portare a zero per il 97 percento dei prodotti di scambio. Ancora incerta la situazione del restante 3 percento e degli appalti mentre, riguardo ai servizi, sembra che i negoziatori giungeranno presto ad una soluzione condivisa.

  • Cooperazione in campo normativo che significa favorire una collaborazione tra le autorità europee e statunitensi in modo da ridurre gli oneri per le veridiche sugli standard richieste da entrambe le parti. E’ questo un argomento spinoso perché sembra indebolire la tutela che le norme europee garantiscono ai cittadini sulla sicurezza e qualità dei prodotti che acquistano: il caso messo in evidenza da più parti riguarda il settore agroalimentare, nello specifico le carni bovine con ormoni, e gli organismi geneticamente modificati. Da questo punto di vista i negoziatori intendono subito smontare ogni accusa: non si tratta di un accordo al ribasso in termini di sicurezza quindi, vi sono alcuni prodotti, come quelli sopraelencati, su cui non vi sarà alcuna negoziazione sugli standard. Sulle merci i cui dettagli tecnici possono essere armonizzati, i negoziati stanno lentamente procedendo per trovare punti di convergenza per ogni singolo settore.
  • Definizione di norme (le cosiddette global rules) che riguardano tutti quegli aspetti non commerciali dell’agire economico che non sono definiti all’interno del sistema regolatorio previsto dall’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’obiettivo principale è quello di definire norme che pongano al centro del TTIP la tutela dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, delle imprese di stato e delle piccole e medie imprese. Questa parte del negoziato è quella più squisitamente politica e meno tecnica, a cui a luglio si cercherà di giungere con una prima proposta delle due parti.

La spiegazione dell’accordo da parte di un tecnico negoziatore dell’UE ha lanciato diversi spunti di riflessione che hanno animato il dibattito in platea. In molti hanno sottolineato la scarsa trasparenza delle negoziazioni e/o l’incompletezza delle informazioni sulle stesse. Ora ci troviamo al tredicesimo round negoziale: gli Stati Uniti hanno deciso di non pubblicare nulla sulle trattative, mentre sul sito della Commissione sono pubblicate le proposte negoziali europee ma non l’esito delle stesse.

Rappresentanti della Campagna Stop TTIP e del mondo dell’industria italiana agroalimentare si sono soffermati sulla questione degli OGM e sulla definizione di standard di qualità e sicurezza non coercitivi e al ribasso rispetto a quelli che sono normalmente garantiti dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare).

Mentre esponenti dell’industria automobilistica guardano abbastanza favorevolmente all’accordo, i sindacati evidenziano l’importante impatto in termini di monopolio delle multinazionali e conseguente diminuzione dei posti di lavoro per le piccole e medie imprese. Di fronte a questo punto però i negoziatori non hanno dubbi: sono stati fatti diversi studi d’impatto e l’effetto positivo del TTIP sembra essere proprio quello di creare molti nuovi posti di lavoro.

Infine la possibilità che un organo di arbitrato internazionale, costituito da arbitri scelti con metodi extragiudiziali, sia chiamato a decidere sulle controversie fra investitori privati e Paesi fa temere che gli interessi economici saranno messi in prima linea rispetto ad altri quali sicurezza ambientale o diritti dei lavoratori.

La negoziazione procede in maniera lenta e richiede tutta una serie di trattative su complesse questioni tecniche e politiche. Quello che i sindacati evidenziano in maniera maggiore riguarda il fatto che l’Europa sia quasi succube d’imposizioni provenienti dalla forza diplomatica e commerciale degli Stati Uniti. Considerata la profonda spaccatura che si è venuta a creare nel mondo della società civile e politica europea riguardo all’accordo TTIP e, vista la dilagante sfiducia nei confronti delle istituzioni, l’Unione Europea potrebbe rendersi garante intransigente della tutela dei diritti dei propri cittadini e ricostruire quella fiducia tra società civile e politica che costituirebbe il suo vero punto di forza al tavolo negoziale.

 

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