Il Festival del Servizio Civile al Real Albergo dei Poveri

Napoli. Non c’ero mai stato, tantomeno a dormirci. Ero teso ed eccitato al tempo stesso non sapevo bene cosa aspettarmi. Noi volontari potevamo scegliere tra vari laboratori io ho scelto quello che poteva interessarmi di più ed ero carico di aspettative dal punto vista “pizzalimentare” ma comunque sarei stato in mezzo a molte persone che non conoscevo, sarebbero state persone alla mano o avrebbero cercato di mettermela in tasca, la mano. Sarebbero stati gli eredi dei grandi attori della commedia o sconsolati abitanti di quartieri dal futuro che corre su binari prestabiliti dalla malavita? Il pregiudizio mi ha colpito forte ma non come la poesia di Quasimodo “Uomo del mio tempo”, il tema del laboratorio che ho frequentato.
L’uomo di cui racconta Quasimodo è un uomo vittima dei suoi istinti che continua a commettere atti orribili e, nel caso specifico di questo laboratorio, una guerra con un paese confinante, l’Ucraina. Nell’esercizio svolto siamo stati divisi in tre sottogruppi: uno prendeva le parti dell’aggressore, la Russia, un altro gruppo prendeva le parti dell’aggredito, l’Ucraina e l’ultimo gruppo, quello di cui ho fatto parte, rappresentava i giornalisti che assistevano al dibattito delle due fazioni. Tra le richieste dell’uno e dell’altro e svariati atti di forza abbiamo avuto la riprova di quanto complicato sia raggiungere un accordo tra 2 parti così divise in tutto tranne che dalla stanchezza accumulata in questi anni di guerra. Quasimodo, che ha vissuto in prima persona la guerra, si dimostra attuale anche nei temi e nei giorni che viviamo noi, adesso, 80 anni nel futuro. Parla di come la scienza avrebbe potuto migliorare le condizioni dell’uomo, invece la usiamo per potenziare gli strumenti che usiamo gli uni contro gli altri. La stessa scienza, la stessa tecnologia dei microfoni e delle casse a causa delle quali non abbiamo potuto comunicare per gran parte della prima ora per il frastuono che producevano. 1 – 0 Quasimodo qui.
Tutto sommato sono state 2 ore piacevoli, ricche di momenti di riflessione e confronto che è ciò che l’ottimo relatore del laboratorio, Giuseppe Cutolo, voleva comunicare. Così come i grandi Stati hanno incomprensioni e tensioni anche noi, nel nostro piccolissimo, dobbiamo saper riconoscere le esigenze altrui e cercare di metterci maggiormente nei panni dell’altro perché alla fine del giorno, come suggerisce Quasimodo, le azioni sono ciò che contano.
Dopo la fine dei laboratori è iniziato il momento dei talk a tema nonviolenza con sfondo il cortile del “Real Albergo dei Poveri” decorato con bandiere della pace, una della Palestina e una dell’Italia. Il primo talk è stato sulle pratiche attuali di resistenza nonviolenta, alla luce dei conflitti contemporanei rapportandoli anche alla Seconda Guerra Mondiale grazie alla testimonianza dell’Onorevole Maderloni che ha raccontato la difficile storia del padre durante la guerra. Ci sono stati anche altri due interventi che mi hanno colpito. Il primo di un operatore sociosanitario, Gennaro Giudetti, appena tornato da Gaza che ha descritto la situazione che ha vissuto negli ultimi 8 mesi prima di venire espulso. Il secondo è la storia di un amico di Mario Paciolla, Simone Campora, nonché rappresentante del “Comitato Verità e Giustizia per Mario Paciolla”, giornalista e volontario morto in Colombia, che non ha ricevuto un’indagine dettagliata riguardo la sua scomparsa né dalle autorità ONU né da quelle colombiane.
Durante questi racconti l’aria è cambiata, tutte le persone presenti guardavano attente gli oratori come se volessero raccogliere ogni singola parola enunciata per non lasciarla cadere nel vuoto, nell’indifferenza.
Il secondo talk era dedicato a costruire comunità.
A rafforzare l’atmosfera e la bella energia sono seguite le premiazioni dei progetti organizzati dai servizio-civilisti. Questi progetti così ambiziosi si sono “dati battaglia” per costruire comunità che favoriscano la coesione sociale, l’inclusione, i diritti umani per tutte e per tutti, che siano in grado di abitare i conflitti e di trasformarli in modo nonviolento. Durante le premiazioni li ho percepiti contenti e soddisfatti per aver sviluppato progetti utilissimi per le persone che popolano il loro territorio. Erano tutti contenti nonostante la siccità di premi: su 7 candidati ci sono stati 5 riconoscimenti. Ai vinti, alla fine, è stato consegnato un premio di partecipazione.
Ed è subito sera con pizza fritta e il live di Jelacrois, esordiente ed energetica rapper napoletana.
Il secondo giorno siamo tornati al Real Albergo dei Poveri per svolgere l’ultima attività. Nel laboratorio a cui ho partecipato siamo stati divisi in 4 gruppi. Il nostro compito era quello di pensare a dei progetti ragionando sul futuro della promozione del servizio civile e trovare modi per farlo conoscere ai più giovani. La scelta del mio gruppo è ricaduta su un simil open day in delle scuole in cui, ragazzi e civilisti, avranno l’occasione di confrontarsi e scambiarsi idee valorizzando il tempo e l’impegno di ciascuno. Abbiamo pensato che nelle aule, OLP (operatore locale di progetto) e volontari, avrebbero non solo offerto le loro testimonianze, ma anche piccole prove “sul campo” in cui i ragazzi si sarebbero potuti cimentare negli aspetti più pratici delle attività del servizio; nel nostro gruppo c’erano dei ragazzi che lavoravano nel campo sanitario, quindi, hanno pensato di offrire le loro competenze per generare interesse nei liceali. Oltre a questo abbiamo pensato anche di istituire dei piccoli stand informativi in cui i ragazzi interessati possano ricevere tutte le nozioni più importanti per iniziare questo percorso.
Ora, non era una vera competizione ma non siamo arrivati primi, non ci hanno neanche dato il premio di partecipazione. Nonostante questo, però si è rilevato interessante ascoltare le esperienze e i punti di vista di questi pochi mesi di servizio, 3 nel mio caso, di altre persone che vivono routine diverse dalla mia in un contesto differente ma comunque pieno di bellezze, talvolta nascoste a un primo sguardo.
Mi porto a casa una borraccia, una borsa di tela (che non puzza più di chiuso) e tanti bei momenti del festival di due giorni che promuove pace e pratiche nonviolente della CNESC.
Matteo Romeo, Volontario in Servizio Civile in Focsiv