Migrazioni e agricoltura familiare in Africa sub-sahariana
Le migrazioni e l’agricoltura familiare: due problematiche da sempre al centro della mission della FOCSIV. All’analisi delle interrelazioni tra i due fenomeni è dedicato il volume 44 della Collana Strumenti, “Migrazioni e agricoltura familiare in Africa sub-sahariana”, di Andrea Stocchiero.
Collana Strumenti/44 – Il numero fornisce una panoramica delle principali rotte delle migrazioni interafricane ed una sintetica disamina delle principali determinanti economiche, politico-umanitarie ed ecologiche cause del fenomeno migratorio, ma, soprattutto, lancia due messaggi chiave. Da una parte, la promozione dell’agricoltura familiare rappresenta una strategia funzionale ad uno sviluppo più equilibrato e diversificato e quindi, potenzialmente, in grado di prevenire migrazioni dettate dal differenziale economico tra aree a rapida crescita e aree marginali. Dall’altra, le migrazioni possono favorire lo sviluppo – in primo luogo quello rurale- attraverso l’implementazione di strategie di valorizzazione ed iniziative che favoriscano l’incontro dei migranti con l’agricoltura contadina e familiare.
Dal punto di vista della promozione della agricoltura familiare, molteplici sono le azioni che possono comporre la strategia di intervento: ad esempio, la promozione di pratiche ispirate ai principi dell’agro-ecologia, peraltro funzionale alla restaurazione della fertilità naturale dei terreni e alla mitigazione del cambiamento climatico; il sostegno alla diversificazione produttiva e il supporto alla creazione di catene di valore “corte”, nelle quali le unità produttive a base familiare possono gradualmente inserirsi, e di quelle “lunghe” del commercio equo e solidale; il rafforzamento dei diritti delle comunità sulle risorse produttive – in primo luogo terra e sementi; lo sviluppo di centri per lo stoccaggio e la trasformazione dei prodotti a base comunitaria e cooperativa; la micro finanza e gli altri strumenti di accesso al credito; la promozione della produzione e della trasformazione di prodotti dall’elevato valore nutrizionale, accompagnate dall’educazione alimentare delle popolazioni; l’attivazione di strategie per aumentare la resilienza delle comunità agli stress e alle crisi.
Perché questo programma sia efficace, esso deve essere supportato da una visione politica complessiva, in cui le comunità contadine assumono il ruolo centrale rispetto ad proposta alternativa al paradigma dello sviluppo trazione agroindustriale, spesso economicamente, socialmente ed ecologicamente insostenibile, oltre che capace di esacerbare quella povertà e diseguaglianza che sono alla radice del fenomeno migratorio.
Il corollario politico di questa visione dello sviluppo è il consolidamento della democraticità dei processi decisionali, attraverso il rafforzamento delle capacità delle associazioni produttive e la creazione, a tutti i livelli di governo, di sedi in cui esse possano promuovere i loro diritti (in primo luogo il diritto al cibo e alla sovranità alimentare) e partecipare alla formazione delle politiche di gestione delle risorse, sicurezza alimentare e sviluppo locale sostenibile. Per sostenere questo progetto, i partner internazionali allo sviluppo devono anzitutto assicurare la coerenza delle politiche (es. agricole, commerciali, finanziarie, strategie di approvvigionamento energetico) per evitare che quello che si “dà” con la cooperazione allo sviluppo, venga “tolto” con altre politiche.
Dal punto di vista dell’attivazione di politiche che valorizzino le migrazioni come fattori di sviluppo, esempi di progetti ed iniziative di livello regionale che cercano di favorire la mobilità come chiave di crescita economica non mancano, così come, a livello nazionale, iniziative di riforma politica (es. creazione di ministeri ad hoc) atte a curare le relazioni con gli emigrati, favorirne il ritorno e evitare la “fuga dei cervelli”, facilitare le rimesse e i trasferimenti. Esse sono, tuttavia, ancora ad uno stadio iniziale, e necessitano di essere ulteriormente sviluppati e sostenuti da una più generale politica di integrazione e di educazione alla convivenza.
Nello specifico, la promozione dell’incontro tra migranti e sviluppo rurale è strategia privilegiata di numerose organizzazioni della società civile ed associazioni di migranti, e motivo ispiratore di numerosi programmi e progetti di organismi internazionali e nazionali – ivi compreso alcuni enti locali del nostro paese dove “ i migranti e le loro associazioni, prima in modo spontaneo e poi in maniera sempre più consapevole, si pongono al servizio dello sviluppo rurale mettendo a disposizione le loro risorse e relazioni con le istituzioni italiane”. Anche in questo caso, tuttavia, le prassi positive attuate nei paesi destinatari di flussi hanno senso se vengono affrontati i problemi dello sfruttamento dei lavoratori migranti nelle nostre campagne – altro fattore che, oltre a ferire la dignità delle persone, inserisce i migranti in “quella catena del valore che lavora a danno dell’agricoltura familiare di cui sono figli, alimentando un circolo vizioso per cui l’impoverimento delle famiglie agricole provoca una ulteriore spinta alle migrazioni e all’abbandono delle terre”.
In conclusione, occorre “coerenza e integrazione tra politiche migratorie e per lo sviluppo rurale, legando le iniziative di cooperazione ad una pianificazione territoriale locale dei servizi e della gestione delle risorse naturali dove la campagna e la città siano correlate e orientate al soddisfacimento del diritto al cibo, e dove le migrazioni interne e internazionali siano rese funzionali a questo disegno e in generale allo sviluppo umano.” Occorre inoltre un profondo lavoro di rivalutazione culturale del mondo rurale e del suo ruolo nella società, per evitare di alimentare quelle false illusioni di benessere consumistico che spesso contribuiscono a spingere i giovani sulla via delle migrazioni piuttosto che su quella dell’impegno nella proprie comunità.