Nessuna giustizia climatica senza giustizia per la terra
Di Andrea Stocchiero e Martina Corli, FOCSIV
Tra le più grandi disuguaglianze internazionali c’è quella relativa al cambiamento climatico: le popolazioni del Sud del mondo che storicamente hanno contribuito meno a questo cambiamento, sono quelle che ne subiscono di più le conseguenze drammatiche (disastri ambientali, desertificazione accelerata, innalzamento dei mari, aumento della insicurezza alimentare, spostamenti di popolazioni, …) senza avere i mezzi e le risorse per proteggersi; mentre gli Stati con le economie avanzate, grazie allo sfruttamento senza limiti degli idrocarburi, sono i più grandi responsabili di questo cambiamento, e sono riluttanti a cambiare i propri stili di vita e modelli di produzione e consumo, avendo le risorse per adattarsi alle trasformazioni in atto. E’ cresciuto così il debito ecologico del nord verso il sud, un debito che i paesi più ricchi non vogliono riconoscere e non vogliono pagare. Anzi, fenomeni come quello dell’accaparramento delle terre e delle risorse a danno delle popolazioni più vulnerabili del Sud (Pubblicazioni Landgrabbing – FOCSIV) continuano ad avvenire, generando nuove emissioni di gas serra e peggiorando il cambiamento climatico (Stop alla corsa europea per il gas in Africa – FOCSIV).
In questo contesto, FOCSIV, grazie a CIDSE, l’alleanza delle agenzie cattoliche per la giustizia sociale, sta partecipando alla COP27 e il suo impegno è quello di far sentire la voce dei partner africani, delle chiese locali, dei movimenti contadini. Sono loro i protagonisti di una nuova cultura di fraternità per la custodia della terra e la giustizia sociale. Per questo riportiamo qui la Dichiarazione alla COP27 del Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar.
Introduzione
Il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar (SECAM) è un’associazione di Conferenze Episcopali Cattoliche dell’Africa e del Madagascar (composta da 8 regioni) la cui missione è quella di fare rete e parlare con una sola voce sulle questioni riguardanti la Chiesa in Africa. Questa dichiarazione politica pubblica della Commissione Giustizia, Pace e Sviluppo (GPDC) è il risultato di un dialogo continuo con la società civile africana e le organizzazioni di base, i movimenti delle donne e dei contadini e altri gruppi basati sulla fede, riuniti in uno spirito di “sinodalità” in una piattaforma chiamata “La nostra terra è la nostra vita”.
L’intento del SECAM è quello di evidenziare le preoccupazioni per la 27ª Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC) – altrimenti nota come COP27. Tutti i popoli di Dio, ovunque si trovino nel mondo, devono certamente concordare sul fatto che questa Conferenza deve portare risultati all’Africa.
Sorella Terra, insieme a tutti gli abbandonati del nostro mondo, grida e ci supplica di prendere un’altra strada.
Sebbene la terra africana sia così ricca di risorse naturali, l’accesso alla terra continua a essere inibito da un sistema di relazioni commerciali e di proprietà che è strutturalmente perverso. Molte persone in Africa dipendono in larga misura dall’accesso alla terra, alle riserve naturali e ai servizi ecosistemici che rappresentano i loro mezzi di sussistenza. È inoltre riconosciuto che molte forme di sfruttamento intensivo o di degrado ambientale non solo impoveriscono la terra e le risorse necessarie per sostenere i mezzi di sussistenza delle comunità, ma minano anche le strutture sociali che danno forma alla loro identità culturale e al loro significato di vita. Il modo in cui l’umanità tratta l’ambiente influenza il modo in cui tratta se stessa, e viceversa. La cultura dell’usa e getta colpisce gli esclusi proprio quando riduce le cose a rifiuti. Ogni violazione della solidarietà e dell’amicizia civica danneggia l’ambiente e colpisce l’intero pianeta.
Eppure crediamo che come esseri umani possiamo intraprendere nuovi percorsi di autentica libertà. Possiamo rispettare i diritti dei popoli e delle culture e i loro diritti alla terra che abitano. Nessun sistema può sopprimere completamente la nostra apertura e la nostra capacità, data da Dio, di rispondere alla nostra dignità. La cultura dell’ecologia integrale può contrastare la cultura dell’irrazionalità di fronte all’emergenza climatica, la cultura della dissimulazione, della negazione, dell’occupazione e dello sterminio. La Carta della Terra ci chiede di lasciarci alle spalle il periodo dell’autodistruzione e di ricominciare da capo. Nonostante tutti i nostri limiti, le gesti di generosità, la solidarietà e l’attenzione non possono che nascere in noi, dal momento che siamo stati fatti per l’amore (cfr. Laudato Si, #22; 25; 52-53; 58: 116: 138-142; 145; 66; 205-207)
Sostenere la lotta per la giustizia climatica e per la terra
Le nostre comunità sono esposte alla crisi climatica e all’accaparramento della terra che va di pari passo con l’accaparramento dell’acqua, con l’aumento dell’inquinamento dell’acqua e del suolo a causa dei pesticidi, con la perdita della biodiversità e delle sementi tradizionali, mentre si assiste alla distruzione irreparabile del loro ambiente. Le comunità condividono l’esperienza che, mentre rivendicano i loro diritti alla terra, vengono perseguitate, il che porta a conflitti più violenti, disperazione e instabilità. Purtroppo, la dignità e il benessere condiviso delle donne contadine e dei contadini senza accesso alla terra, insieme alle profonde disuguaglianze, sono compromessi.
Le comunità non sarebbero rese povere se le risorse non fossero catturate dai potenti e dalle loro corporazioni e se non venissero regalate da istituzioni pubbliche deboli. Unendoci come attori africani di fede, organizzazioni della società civile e attivisti per i diritti fondiari, ci impegniamo con le comunità nella loro lotta per la terra e la giustizia climatica, denunciando le false soluzioni che privano le comunità locali dei loro mezzi di sussistenza, dei loro diritti fondiari e della proprietà.
Ci uniamo alle comunità che si mobilitano contro investimenti sconsiderati per l’acquisizione di terre su larga scala e alle loro lotte contro l’accaparramento delle terre nel caso di Feronia nella RDC, Addax Bioenergy in Sierra Leone, Socfin in Sierra Leone, la filiale SIAT in Costa d’Avorio (Human rights and environmental abuses by the Belgian company SIAT – CIDSE , Congo River Basin nella RDC, TOTAL-ENI a Capo Delgado, Mozambico, e l’East African Crude Oil Pipeline in Uganda, Tanzania e Kenya (Land grabbing Policy Brief Series – CIDSE.
L’UNFCC e le COP hanno dimostrato di ritardare, negare o allontanare ulteriormente l’obiettivo di rimanere al di sotto di 1,5 gradi Celsius di temperatura globale. Le nazioni ricche promuovono soluzioni fittizie (soluzioni basate sulla natura e soluzioni tecnologiche) e fingono di compensare le comunità povere dell’Africa. I Paesi ricchi spingono per compensare le loro emissioni, mentre si rifiutano di ridurre le proprie. La COP27 deve abbandonare tutte le false soluzioni (net zero, scambi di emissioni, schemi di compensazione). I governi, la società civile e i movimenti sociali devono unirsi alla lotta per un cambiamento di sistema e chiedere un vero zero, e non un zero netto.
La Laudato Si’ chiede una nuova cultura dell’ecologia integrale e umana
Laudato Si’ (n. 166+) osserva che la Chiesa ha una responsabilità nei confronti del creato e deve affermare questa responsabilità nella sfera pubblica. Nel farlo, deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione che appartengono a tutti. Deve soprattutto proteggere l’umanità dall’autodistruzione. Il nostro dovere verso l’ambiente è legato ai nostri doveri verso la persona umana, considerata in sé e per sé e in relazione agli altri.
Vorremmo invitare tutti coloro che si riuniscono a Sharm EL Sheikh a ricordare gli appelli lanciati di recente dalle comunità locali nella loro lotta contro l’acquisizione di terre su larga scala. Mentre si intensificano le discussioni sulla crisi climatica, la giustizia climatica e per la terra devono andare di pari passo.
Raccomandazioni
- Siamo solidali con tutte le comunità e i territori colpiti da espropri di terre, conflitti armati e sfruttamento delle risorse. Le azioni climatiche che perpetuano l’ingiustizia fondiaria e l’ulteriore sfruttamento delle risorse naturali e lo sfollamento delle comunità a causa di false soluzioni devono lasciare spazio a una transizione equa e giusta nei settori agricolo e minerario.
- Le comunità indigene e i loro leader tradizionali devono essere i principali interlocutori quando vengono proposti progetti di acquisizione di terre che interessano le loro terre.
- Il diritto al consenso libero, preventivo e informato delle donne e il diritto dei popoli indigeni e delle loro comunità a dire no a progetti che li privano dei loro territori devono essere sostenuti.
- L’agroecologia contadina deve essere riconosciuta, rispettata e sostenuta, il che include la garanzia della terra e delle risorse naturali delle comunità.
- L’articolo 6 dell’Accordo di Parigi deve essere rivisto per evitare qualsiasi mercificazione della terra e delle risorse naturali a scapito delle comunità locali.
- Esortiamo il Nord globale a pagare il proprio debito ecologico e a utilizzare in modo rispettoso le conoscenze indigene per progettare interventi sul campo adatti al contesto locale.