Non più promesse vuote sulla finanza per il clima: firmate la petizione
Il 31 agosto 2022 FOCSIV ha partecipato al secondo dei cinque incontri programmati tra i I DIALOGHI AFRICANI SUL CLIMA – FOCSIV, per affrontare le problematiche legate al clima nel contesto africano in vista della prossima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COP27, che si terrà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dal 6 al 18 novembre 2022. L’incontro si è concentrato sul tema “Climate Finance”, con particolare attenzione al ruolo del debito ecologico che i paesi più sviluppati hanno nei confronti dei paesi africani ed il differenziato accesso ai finanziamenti, come denunciato da Papa Francesco.
Dopo una celere introduzione e benvenuto ai partecipanti, tre esperti si sono susseguiti per lasciare una testimonianza e aprire un dibattito per discutere dell’importanza della “climate finance” per l’Africa e della necessità di raggiungere obiettivi tangibili per porre fine ad ulteriori sfruttamenti delle risorse naturali locali.
I paesi africani che più soffrono per l’impatto del cambiamento climatico, pur avendovi contribuito molto poco, non hanno quasi altra scelta che chiedere prestiti per finanziare la mitigazione e l’adattamento climatico e sovvenzionare la ricostruzione e la ripresa dopo un evento climatico estremo, indebitandosi con i paesi e i mercati finanziari responsabili di quell’impatto. Questo perché i paesi e le élite del nord del mondo non hanno mai estinto il loro debito storico sociale ed ecologico verso i paesi africani. Gli attuali impegni di finanziamento non si avvicinano al soddisfacimento del fabbisogno stimato, la mobilitazione dei fondi è molto precaria rispetto agli impegni assunti, i fondi mobilitati spesso si presentano in forme inadeguate (prestiti e non doni) e meno della metà dei finanziamenti stanziati viene effettivamente erogata.
Data la forte esigenza di stanziare “climate finance” per raggiungere obiettivi di mitigazione e adattamento nei paesi e nelle comunità più vulnerabili, è necessario, da parte dei paesi più sviluppati, riconoscere il debito climatico, il ripristino ecologico e la fine all’estrattivismo. E’ ore di adempire ai propri obblighi di “climate finance”!
Di conseguenza numerose organizzazioni della società civile, tra cui la FOCSIV con CIDSE, hanno firmato la seguente petizione all’Unione Europea e ai suoi Stati membri per chiedere di non ritardare l’adempimento dei propri obblighi di “climate finance”. Vale a dire di sostenere finanziariamente i paesi impoveriti investendo nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici, e compensare le perdite e i danni subiti a causa degli eventi climatici.
È necessario intervenire per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi poiché le persone e le comunità, soprattutto dei paesi impoveriti, stanno già soffrendo per gli impatti devastanti della crisi climatica. 30 milioni di persone hanno dovuto sfollare per la grande alluvione che ha colpito il Pakistan. E moli altri esempi possono essere ricordati.
Viene quindi richiesta un’azione immediata da parte dei governi degli Stati membri di riduzione delle emissioni di gas serra, e di rispettare pienamente i loro obblighi di “climate finance”, come parte delle riparazioni per il debito climatico che devono ai paesi appartenenti al Sud del mondo. Si richiedono dunque risorse finanziarie che siano nuove, aggiuntive a quelle già esistenti, prevedibili, giuste, eque, tali da non creare debiti, e accessibili ai popoli, in particolare ai più vulnerabili.
In questo senso va anche la campagna 070 (La campagna 070 per l’aiuto pubblico allo sviluppo – FOCSIV) promossa da FOCSIV con le reti di associazioni di società civile, affinché lo Stato italiano adempi all’obiettivo di investire lo 0,7% del reddito nazionale lordo nell’aiuto allo sviluppo, come stabilito dall’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile.
Invitiamo dunque le organizzazioni della società civile a firmare la petizione all’Unione Europea che trovate in Sign-on for the 2022 Climate Finance Petition Letters (google.com)
La petizione
All’Unione Europea e ai suoi Stati membri,
Noi, sottoscritte organizzazioni della società civile (OSC), movimenti sociali, comunità locali e gruppi di popolazioni indigene, chiediamo caldamente l’adempimento completo e urgente degli impegni di “climate finance” verso i paesi appartenenti al Sud del mondo.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in inglese United Nations Framework Convention on Climate Change da cui l’acronimo UNFCCC) afferma che i paesi sviluppati, tra cui gli Stati Uniti, che hanno contribuito nel passato e continuano a contribuire attualmente in misura maggiore alle emissioni di gas serra nell’atmosfera, sono obbligati a fornire “climate finance”, ovvero sostegno finanziario al Sud del mondo. L’adempimento di questo obbligo è urgentemente richiesto dai paesi in via di sviluppo per raggiungere gli obiettivi di mitigazione e adattamento, nonché per ridurre al minimo e affrontare le perdite e i danni causati dalla crisi climatica.
Per più di un decennio, i popoli e le comunità del Sud del mondo hanno chiesto l’adempimento completo degli impegni di “climate finance”. Sfortunatamente, le risorse finanziarie che sono state messe a disposizione finora sono una miseria rispetto alla scala dei bisogni e degli obblighi. L’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno fissato nel 2009 – una frazione molto più piccola di quanto effettivamente dovuto – rimane insoddisfatto. I paesi sviluppati, compresi gli Stati Uniti, continuano a mostrare riluttanza nel realizzare le loro azioni per il clima, che includono i finanziamenti per il Sud del mondo.
La scienza ci dice che per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi, il mondo deve raggiungere zero emissioni entro il 2050. Sulla base delle loro emissioni storiche e attuali, e coerentemente con il principio delle responsabilità comuni ma differenziate dichiarato nell’UNFCCC, le azioni di mitigazione che i paesi sviluppati dovrebbero porre in essere per la giustizia climatica, sono molto più del semplice raggiungimento di zero emissioni a livello nazionale. Devono anche finanziare azioni di mitigazione nei paesi in via di sviluppo per soddisfare il principio di equità. I paesi in via di sviluppo devono investire in azioni di mitigazione, e dovranno fare di più affinché il mondo raggiunga emissioni zero entro il 2050. Queste azioni di mitigazione aggiuntive dei paesi in via di sviluppo devono essere finanziate dai paesi sviluppati che risultano essere più responsabili del cambiamento climatico e di possedere più risorse.
I paesi sviluppati devono sostenere anche la finanza per l’adattamento e per coprire le perdite e i danni nei paesi impoveriti, per via della loro enorme responsabilità nell’aver causato il cambiamento climatico, e il suo conseguente impatto sulle persone e sulle comunità che hanno contribuito meno alle emissioni di gas serra ma che ne soffrono di più.
Tutti i “climate finance” devono essere nuovi e aggiuntivi, adeguati e prevedibili, come chiaramente affermato nella Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
L’ultimo rapporto sulla determinazione dei bisogni del Comitato permanente per le finanze (in inglese Standing Committee on Finance da cui l’acronimo SCF) mostra che i paesi in via di sviluppo hanno bisogno di almeno 5,8 trilioni di dollari per attuare i rispettivi obiettivi per la mitigazione e l’adattamento entro il 2030. Questo importo sarà ancora più alto se i paesi in via di sviluppo aumenteranno i propri obiettivi per raggiungere la completa decarbonizzazione entro il 2050, necessari per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi. Questo importo esclude il costo economico annuale previsto per le perdite e i danni nei paesi in via di sviluppo, che si stima oscillerà tra 290 e 580 miliardi di dollari entro il 2030.
Questi importi dovrebbero servire da guida per gli impegni finanziari che devono essere erogati dai paesi sviluppati nei prossimi 8 anni.
L’importo dei “climate finance” erogati dai paesi sviluppati finora nell’ambito dell’UNFCCC è stato molto basso: 13,9 miliardi di USD consegnati al Green Climate Fund sin dal suo inizio nel 2014, e 1 miliardo di USD al Fondo di adattamento da quando ha iniziato le sue operazioni nel 2007. Inoltre, la maggior parte dei “climate finance” mobilitati sono sotto forma di prestiti, che spingono i paesi in via di sviluppo a indebitarsi ulteriormente, aggravando le sofferenze delle persone e delle comunità fortemente colpite dalla crisi climatica.
L’UE e i suoi Stati membri hanno dichiarato i loro impegni nei confronti dell’azione per il clima e hanno riaffermato gli obblighi di “climate finance” ai sensi dell’accordo di Parigi. Troviamo quindi insensato che continuino a investire nell’industria dei combustibili fossili. Solo nel 2019, almeno 59 miliardi di euro sono stati spesi dagli Stati membri dell’UE per sovvenzionare l’industria del carbone, petrolio e gas. Ciò rende le loro dichiarazioni relative all’azione per il clima solo vuote promesse.
Poiché la crisi climatica diventa ogni giorno sempre più insopportabile per le persone e le comunità del Sud del mondo, chiediamo all’Unione europea di guidare l’erogazione dei “climate finance”, di compensare gli anni di ritardo e il mancato adempimento dei loro obblighi finanziari. È giunto il momento che i paesi sviluppati, come gli Stati membri dell’UE, passino con urgenza da semplici promesse di mobilitazione finanziaria a fornire effettivamente adeguati “climate finance” che siano giusti ed equi per i popoli e le comunità dei paesi in via di sviluppo.
Qualsiasi ulteriore ritardo nella realizzazione dei “climate finance” porterà solo ad ulteriori bisogni finanziari necessari per soddisfare le crescenti esigenze di adattamento e le perdite e i danni subiti dal Sud del mondo, e ad accelerare le azioni di mitigazione per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5 gradi.
Niente più ritardi, niente più smentite! Il Sud del mondo chiede all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di adempiere ai propri obblighi di “climate finance” ora! #ClimateFinanceNow #FairShares