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Home News Ridurre l’aiuto pubblico allo sviluppo è una scelta geopolitica sbagliata

Ridurre l’aiuto pubblico allo sviluppo è una scelta geopolitica sbagliata

Marta Morgante
7 Novembre 2022
News

Il seguente articolo è un sintesi di due news apparse su Devex (il sito di professionisti dello sviluppo globale) IMF’s Africa chief warns of economic ‘dark period’ without more aid | Devex e Malloch-Brown calls on rich world to boost aid or lose ‘legitimacy’ | Devex, che argomentano sulla rilevanza politica della cooperazione allo sviluppo.

Gli effetti della pandemia e della guerra in corso in Ucraina si stanno facendo sentire in tutto il mondo soprattutto nei paesi cosiddetti in via di sviluppo. Secondo il rapporto del Fondo Monetario Internazionale l’insicurezza alimentare, l’inflazione galoppante e la crescita del debito pubblico causato dalla politica monetaria globale sono diventati un carico molto pesante da portare per i paesi a basso reddito, la maggior parte dei quali si trovano all’orlo del precipizio. Tutto ciò è particolarmente aggravato dal fatto che i paesi sviluppati hanno cominciato a diminuire drasticamente gli aiuti pubblici allo sviluppo nei confronti di quelli impoveriti a causa della crisi economica ed energetica inasprita dalla guerra in Ucraina.

Secondo il rapporto, gli aiuti pubblici allo sviluppo sono scesi dal 4,5% negli anni Novanta a meno del 3%, se misurati in rapporto al Prodotto Interno Lordo (PIL) del paese beneficiario. Se da un lato questo dato riflette la crescita economica dell’Africa, dall’altro segnala un calo proporzionale del sostegno: l’obiettivo di raggiungere lo 0,7% del Reddito Nazionale Lordo in aiuti da parte dei Paesi donatori sta rapidamente svanendo. Il Regno Unito, infatti, ha già tagliato molti fondi allo sviluppo e probabilmente anche la Svezia, insieme ad altri stati donatori, farà lo stesso, cosa che si delinea in una tendenza che sta man mano corrodendo la fiducia nel sistema multilaterale globale e nei leader dell’ordine internazionale.

Difatti stando alle parole dell’americano Malloch-Brown presidente della Open Society Foundation, il calo degli aiuti da parte dei paesi occidentali potrebbe avere delle conseguenze da non sottovalutare dal punto di vista geopolitico poiché potrebbe indurre molti Stati poco sviluppati, soprattutto in Africa, a rivolgersi alla Russia per affrontare i propri problemi economici. Per giunta, nel recente voto delle Nazioni Unite, molti di questi paesi a basso reddito non hanno condannato la Russia, non allineandosi con l’Occidente, poiché sempre più dipendenti da Mosca per soddisfare il fabbisogno energetico che risulta fondamentale per lo sviluppo economico-industriale. Per questo motivo Malloch-Brown attesta che per beneficiare della legittimità politica ed essere in grado di mantenere un’ampia maggioranza politica disposta a condannare i russi in Ucraina, i paesi occidentali dovrebbero dimostrare di star al passo con la situazione aumentando aiuti allo sviluppo; solo in questo modo, secondo l’analista americano, si può sia affrontare la Russia e gestire questa preoccupante crisi economica globale.

Toni preoccupanti arrivano anche dal direttore del Fondo Monetario Interazionale della Sezione africana Abebe Aemro Selassie, il quale avverte che il calo degli aiuti allo sviluppo a sostegno dei paesi a basso reddito potrebbe avere degli effetti a catena per il futuro, prevedendo per il continente africano l’inizio di un nuovo periodo oscuro. Il direttore etiope ritiene assurda l’indifferenza e la miopia dei paesi occidentali nei confronti del continente, destinata ad essere la più grande fonte di crescita demografica e di conseguenza la più grande fonte di nuovi ingressi nella forza lavoro.

Molti leader di paesi africani in difficoltà, per contrastare la crisi, propongono una sorta di contratto sociale internazionale per proteggere le fasce di popolazioni meno abbienti dalle conseguenze della crisi globale scatenate dalla guerra in Ucraina e a causa del cambiamento climatico. Uno dei più grandi problemi che gli stati africani devono gestire è senza dubbio l’innalzamento dei prezzi lungo la filiera alimentare, per ora risolta facendo ricorso al prestito. Nonostante questa politica possa aggravare il debito pubblico, essa risulta l’unico modo possibile attualmente per combattere la carestia e per evitare che la gente muoia di fame.

Per venire incontro a questi paesi, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha recentemente creato uno sportello di prestito d’emergenza per gli shock dei prezzi alimentari, con il quale si possono ottenere prestiti a tassi agevolati. Oltre al supporto di progetti che affrontano le urgenze a breve termine, quali le minacce di disordini sociali derivanti dalla crisi economica, il FMI ha creato il Fondo per la resilienza e la sostenibilità per dare ai governi un po’ di respiro, offrendo sostegno al bilancio per progetti a lungo termine, compresi quelli che contribuiranno all’adattamento ai cambiamenti climatici, attirando in questo modo anche investitori privati nella realizzazione di progetti.

Tuttavia, queste soluzioni potrebbero rivelarsi insufficienti senza il sostegno occidentale per i paesi più poveri, per superare questa molteplice crisi e uscirne con una crescita elevata. Se non si fa qualcosa, avvertono gli analisti, ci sarà il rischio di alti tassi di povertà mai visti come una crisi più profonda in molti paesi. Le persone sono sempre più lasciate indietro, costrette a vivere con pochi soldi al giorno, subendo le conseguenze di politiche portate avanti dai paesi occidentali che hanno impatti devastanti nei loro paesi.

Tags: APS Cooperazione allo sviluppo crisi globale
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