FELICITA’ E FAMIGLIA, UNA NUOVA PROSPETTIVA

Nicol gastaldello, volontaria in servizio civile FOCSIV a Parnaiba, Piaui, Brasile.
«Felicità?
È una parola che, di tanto in tanto, nella mia vita, ho raccolto, ho osservato,
ma mai l’ho scoperta sotto le stesse sembianze»
Doris Lessing
Nella vita ci capita spesso di essere alla ricerca della felicità. Le azioni, le scelte, i pensieri ci spingono alla realizzazione professionale, all’equilibrio sentimentale e familiare, alla stabilità economica. Ma è questo che ci porta alla felicità?
In diverse occasioni durante la mia esperienza di servizio in Brasile, mi sono chiesta cosa fosse la felicità e quali parametri potessimo usare per misurarla ̶ se misurabile.
Tra i diversi momenti che mi hanno spinto a filosofeggiare su tali questioni, uno risulta particolarmente significativo. Mi sono confrontata con una famiglia che vive a Canabrava, nella campagna dello stato del Maranhñao, il più povero del Brasile. La loro casa si trova immersa nel verde della fiorente vegetazione locale, che si stagliano sul cielo azzurro terso di giorno e che regala una stellata mozzafiato la notte. Nei pressi della casa c’è un fiume dalle acque trasparenti, balneabile, il tocco finale per uno scenario da cartolina. È piuttosto isolata, se pensiamo in termini di infrastrutture possiamo dire che è nel bel mezzo del nulla.
La strada per raggiungerla è sterrata, costeggiata da palme da cocco e alberi da frutto. La famiglia Santos (nome di fantasia) vive dei frutti della terra, del pesce, delle galline e dei maialini che alleva con cura. Andare al supermercato è tutt’altro che un’azione quotidiana. Durante il periodo scolastico c’è il servizio di car sharing (così lo chiameremmo noi): un’auto passa a prendere i bambini che vivono nella zone per portarli a scuola. Un auto per almeno 8 bambini. I Santos non hanno un mezzo di trasporto privato, ciò comporta una sorta di isolamento.
La famiglia è ben allargata: c’è la bisnonna, la giovane nonna che ha due figlie e che a loro volta sono mamme di diversi bambini e bambine. In realtà nella casa vive un’altra ragazza che non sono riuscita a inserire nell’albero genealogico. Credo si tratti di una “criada”, ovvero una bambina che loro hanno cresciuto, ma che non è figlia biologica. Una cosa analoga è successa a due fratellini che chiamano mamma la persona che li ha allevati anziché messi al mondo, ovvero la nonna. La mamma naturale si è trasferita nella città vicino (a 200km a ovest di Canabrava) per lavoro, e torna raramente a casa durante l’anno. Questo fenomeno di bimbi cresciuti con i nonni o con famiglie adottive è piuttosto comune in questo contesto: si verifica spesso la presenza di due famiglie, quella naturale e quella “adottiva”. Inoltre il nucleo familiare è spesso composto da fratellastri e sorellastre, così come da matrigna e patrigno, e la presenza dei nonni, ma più spesso della nonna, è un supporto fondamentale.
Ma torniamo al nostro aneddoto. Una coppia di professori universitari, molto amici di questa famiglia, discuteva sulla possibilità di portare con loro a Parnaíba (città a 200km a est di Canabrava) la bimba più piccola, di 3 anni, per allevarla.
Da un lato dunque una maggiore disponibilità di accesso alle risorse economiche, un’istruzione di qualità, la possibilità di godere di diversi servizi di informazione e svago, di nuove tecnologie, di vivere in una casa più “equipaggiata”, con i servizi sanitari completi e funzionanti, con lavatrice e internet; dall’altro la possibilità di vivere a contatto con la natura, con i suoi familiari di sangue, gli animali e il fiume sempre a disposizione, senza il peso (almeno così sembra) di retaggi imposti dalla società.
Ed ecco quindi le domande: «cos’è la felicità?» e, al di là delle definizioni sociologiche, «Cos’è veramente la famiglia?»
Ciò che è lampante è che la felicità è relativa. È un concetto personale che va sviscerato in riferimento alla nostra storia, ai nostri valori, ai desideri e alle aspettative. E sono proprio i nostri desideri e aspettative che spesso sono caricati dal peso della convivenza sociale. A un certo punto possono non essere più i nostri desideri, possono diventare indotti ed essere il frutto delle aspettative degli altri, della società. Quel che è certo è che non c’è una ricetta per essere felici.
Ognuno deve ascoltarsi e scegliere il proprio percorso. Forse la felicità può essere semplicemente uno status di inconsapevolezza. E non è detto che vada necessariamente cercata, magari semplicemente arriva. Può essere solo un attimo, che va alimentato. Per godersela, tuttavia, è necessario riconoscerla e probabilmente, come suggerisce il viaggiatore Christopher McCandler, condividerla.