Sovranità alimentare: la forza dei piccoli produttori per nutrire il pianeta
Volontari e Terzo Mondo 4/2010
Un futuro senza cibo a sufficienza? E quale cibo per il futuro? C’è abbastanza cibo per nutrire il pianeta? Questi sono alcuni degli interrogativi portati all’attenzione internazionale dalla FAO nel recente workshop promosso da FOCSIV e tenutosi a Roma lo scorso ottobre – Is there enough food to feed the world? The challenge of productivity and the role of small scale farmers – in collaborazione con MISEREOR, e CIDSE.
La produzione alimentare globale, negli ultimi anni, risulta essere aumentata; come mai allora un sesto della popolazione mondiale versa ancora in stato di indigenza cronica, di fame? L’MDG1 (dimezzare la fame e la povertà estrema entro il 2015), già di per sé limitativo a detta di ampi settori della società civile transnazionale, sembra in questo ultimo scorcio del 2010 difficilmente realizzabile. Quello al cibo dovrebbe configurare, tuttavia, tra i diritti fondamentali e inalienabili per ogni persona umana, al di là di qualsiasi retorica.
La risposta, che da più parti si leva, alle sfide attuali e future di un pianeta sempre più interdipendente e globale è basata sulla necessità di proteggere e rafforzare la piccola agricoltura, che spesso coinvolge buona parte della popolazione dei PVS e che rischia di soccombere definitivamente all’agricolturaintensiva industriale, oltre che ai ben noti fenomeni di dumping e land grabbing tuttora in corso. La piccola agricoltura è presa dunque come chiave di volta di un modello diverso, considerato che ben il 70% dei poveri nel mondo in via di sviluppo dipende proprio da tale settore produttivo, inteso in senso multidimensionale (comprendente cioè anche comparti quali l’allevamento, la pesca, la silvicoltura ecc.).
Investire nell’agricoltura a conduzione familiare, dunque, sembra essere la parola d’ordine di questo numero di Volontari e Terzo Mondo. La crisi alimentare del 2007-2008 è stata molto di più che un mero campanello d’allarme: bisogna urgentemente invertire la rotta.
Tutti gli attori coinvolti, dai governi alle organizzazioni internazionali, dai contadini ai grandi imprenditori agricoli, dal negoziante al consumatore, devono prendere coscienza di questo sistema di sviluppo sbagliato che, se protratto nel tempo, porterà a conseguenze senza via di ritorno per la sostenibilità del pianeta.
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